giovedì 26 aprile 2012

To Rome with Love

To Rome with Love è l'ultimo film di Woody Allen con Benigni.
E' più o meno tutto quello che c'è da dire.

Woody Allen fa le faccette buffe (ndr.)
Immagino però che come recensione sia un po' troppo corta. Ok, vedrò di impegnarmi di più.
Era da un po' di tempo che non andavo a vedere un film di Woody Allen. Più o meno per lo stesso motivo per cui non fa piacere andare a trovare la anziana zia malata di alzheimer. Sembra la stessa persona, parla come la persona che era, si muove anche allo stesso modo, poi dice qualcosa e capisci che non ci sta più con la testa. E ti dispiace, perché tu ricordi tutta un'altra cosa e mica è bello smentire i ricordi. Però era sabato sera, uscivamo dal cinese e... beh, gli hanno fatto una pubblicità che nemmeno alla messa del Papa. E poi Benigni è stato da Fazio. Chi siamo noi per contestare quelli che vanno ospiti da Fazio? Mica saremmo diventati fascisti, che non vogliamo più andare a vedere quello che ci consiglia Fazio?

La trama: il film si apre con un vigile che annuncia che a Roma di storie interessanti ce ne sono a bizzeffe e che lui è pronto a contartene delle belle. Lo spettatore sbarra gli occhi e viene preso dal tremito. Ma non è un inizio talmente sfruttato e banale da essere quasi vomitevole nella sua leziosità? Poi si rilassa. Quello è un film di Woody Allen. E Woody Allen è un regista figo. Mica inizia i film in modo dozzinale lui. Lui è un artista. Al massimo si tratterà della citazione di un luogo comune. Magari è una citazione all'interno di una citazione che strizza l'occhio allo spettatore che sa che si tratta della citazione di un incipit dozzinale e stantio con cui Woody Allen sta prendendo in giro se stesso.
Sarà...
Comunque le storie narrate sono quattro:
1) Alec Baldwin è un architetto di grido in visita al quartiere di Roma dove abitava da studente. Mentre gira per le stradine incontra un giovane di nome Jack, di cui diventa il nume tutelare (nel senso che appare a casaccio come il genio della lampada e nessuno riesce a vederlo) mentre quello si innamora e rischia di lasciare la ragazza per una fatua attrice spuntata fuori dal nulla.
2) Allen è un produttore d'opere americano che "precorre i tempi" aka "le opere dirette da lui fanno cagare" in visita alla figlia che sta per sposarsi con un italiano. Dopo aver scoperto che il padre del futuro sposo ha una voce alla Pavarotti ma che riesce a cantare solo sotto la doccia, mette su una versione dei Pagliacci in cui il protagonista si lava in scena per due atti.
3) Benigni interpreta Leopoldo Pisanello, un noioso tizio qualunque che si ritrova famoso senza sapere il perché. Segue il viaggio attraverso le seduzioni e i disagi della fama.
4) Antonio ha appena trovato lavoro a Roma, dove si trasferisce con la "da poco" moglie Milly. Dopo una serie di disavventure finiscono a letto lui con Penélope Cruz e lei con Antonio Albanese.

Forse anche questa breve descrizione è sufficiente per suscitare un dubbio: questo film era veramente necessario? Secondo me no.
Intendiamoci, non è che mi sia dispiaciuto spendere gli ennesimi 7 euro e mezzo per vedere Woody Allen. Purtroppo è uno di quegli attori che si ama o che si odia. Nel senso che se ti piace come recita, puoi anche andarlo a vedere mentre fa le smorfie di espressione per un'ora e mezzo ed essere contento lo stesso. Lo stesso vale per Benigni o per Albanese (mentre la Cruz la apprezziamo per altri motivi), ma resta il punto fondamentale che di per sé il film non ha alcun senso.
Le 4 storie si succedono senza un filo conduttore né alcun legame apparente. Si può individuare un tema comune riguardante l'insidia della fama, che da una parte seduce e dall'altra respinge e provoca disastri, però per come viene trattato mica c'era bisogno di mettere su un cast a 5 stelle: bastava pure un telefilm di Hannah Montana (spero si scriva così, non ho voglia di controllare su wikipedia). Dalle recensioni che ho letto ci dovrebbe essere perfino un qualche riferimento al modo di narrare del Decameron ma, francamente, se questo legame esiste davvero io non l'ho notato.
Insomma, grandi attori messi al servizio di un B-movie, questa è l'impressione prevalente. Quanto poi il tono da B-movie sia voluto e ricercato lo sa solo Allen, ma già il fatto che non si capisca se il regista ci fa o ci è basta a decretare il pollice verso.

Conclusione: da vedere se vi piacciono Benigni e Allen che fanno le faccette buffe. Altrimenti è appena uscito "The Avengers" che, non per dire, è scritto da Joss Whedon.

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