giovedì 28 novembre 2013

"Ah beh" aka come finiscono le storie

Certo che è strana eh, questa cosa di Berlusconi. Insomma, pensiamo alla nostra adolescenza. Quelli della mia generazione sono cresciuti nel ventennio berlusconiano. In realtà, io nel '96 avevo dieci anni, era la prima volta che mi facevo domande su concetti come "stato", "politica" e "governo" e a palazzo Chigi c'era Prodi. Da lì la prima grossa delusione della mia vita di giovane militante: mi ero convinto che l'Italia fosse un paese di sinistra, solo per poi accorgermi che avevo acquisito consapevolezza proprio durante l'unico governo di sinistra che l'Italia avesse mai avuto.
Da quel momento Berlusconi diventò "il nemico".
Oh, era facile. B. aveva chiaramente tutte le caratteristiche per esserlo. Ignorante, sguaiato, disonesto, bugiardo, megalomane e sempre al confine fra la comune arroganza da pulciaro arricchito e il delirio di onnipotenza del serial-killer professionista. Tipo Sauron, se a Sauron fosse interessato andare a letto con le minorenni.
Insomma, per vent'anni abbiamo sempre saputo perfettamente chi fosse il cattivo principale della storia. Sapevamo anche chi erano i servi e gli avversari, anche se alla fine ci siamo accorti che queste ultime categorie si confondevano spesso.
Poi arriva il giorno finale, quello della decadenza, e ci accorgiamo che non ce ne frega più nulla.

Ti ritrovi in discussioni del tipo:
- ma oggi quante ne abbiamo?
- 27
- ah, ma oggi c'era da fare qualcosa?
- boh, c'è l'olio nuovo alla coop
- nah, qualcos'altro
- ma che c'era quella cosa di Berlusconi?
- ah sì, è vero, ma è decaduto mi pare
- ah beh

Eh sì, la vita è questa qua. Non esistono i lieti fine, per la semplice ragione che non esistono i finali. Ci sono momenti che sono belli da vivere, ma alcuni tardano talmente tanto che alla fine nemmeno ti ricordi di festeggiarli.

Ciao Silvio. Sei stato un bel personaggio. Però scusa, fai quel che ti pare, ma non ci interessi più. Sei noioso, ormai.
vale

martedì 12 novembre 2013

La dicotomia di Gemmel e Druss

Ci ho messo una vita, ma finalmente ce l'ho fatta. E' stata probabilmente la recensione più difficile che abbia scritto fino a adesso. Perché, ve lo spiegherò tra poco. Nel frattempo, per introdurre l'argomento, vi rimando al vecchio post su "Le Spade del Giorno e della Notte", al termine del quale ci era rimasto un dubbio: chi cavolo sarebbe il tizio che rompe continuamente le palle agli altri su quello che un guerriero dovrebbe o non dovrebbe fare?
La risposta risiede all'interno dei due volumi raffigurati qua sotto. Fate quindi un generoso applauso alla Leggenda dei Drenai, Morte che Cammina, il Capitano dell'Ascia, Druss il Possente.

Mi chiamano "morte che cammina" Giusto per dire eh... (ndr.)
Tipo un assedio, ma continuiamo solo fino a quando il generale nemico non si scazza (ndr.)

Trama: chi diavolo è Druss?
Ci troviamo di fronte al classico corto circuito dei libri fantasy. Druss è un taglialegna che vive nei boschi del nord nell'Impero Drenai. Si tratta di un tipo fondamentalmente pacifico, anche se La Leggenda di Druss esordisce con lui che rompe il naso a un villico random che si era permesso di fare apprezzamenti spinti alla sua donna. Anche se, in effetti, fare apprezzamenti spinti alla donna di un tizio alto due metri per 180 chili e con un pessimo carattere, non depone certamente a favore dell'intelligenza del villico in questione.
Tuttavia Druss è un tipo pacifico. Un po' orso, certo, ma che al mondo chiede semplicemente due cose: che la gente non si metta sotto agli alberi che sta tagliando e che gli sia permesso vivere in pace con la donna di cui sopra (di nome Rowena).
Solo che questo è un libro fantasy. Quindi ovviamente di lì a poco passerà un gruppo di razziatori che gli rapirà la donna e tenterà di ucciderlo mentre taglia gli alberi. Ecco quindi che un comune boscaiolo che nessuno avrebbe mai visto né conosciuto, si mette sulla strada del "diventeròilpiùgrandeeroeevah". Seguono migliaia di morti, quest impossibili, tre guerre e la caduta di due imperi.
Solo perché non avete voluto lasciare in pace un fottuto taglialegna.
Fate voi.

La Leggenda dei Drenai è ambientato invece alcuni decenni dopo l'ultimo evento de La Leggenda di Druss. Il taglialegna, diventato il più famoso guerriero della storia, è ormai anziano quando la patria lo chiama di nuovo. L'imperatore dei Nadir, che sarebbero praticamente i mongoli, Ulric, che sarebbe praticamente Genghis Khan, ha tipo mezzo milione di soldati a cavallo che non sa come utilizzare. Quale soluzione migliore alla disoccupazione giovanile di una bella invasione ai danni del vicino stato Drenai, il cui re ha avuto la bella pensato di ridurre l'esercito ai minimi storici, avendo per vicino solo un re sanguinario con mezzo milione di cavalieri a disposizione?
A difendere la Grande Muraglia la fortezza di Dros Delnoch, porta dell'Impero Drenai, ci sono soltanto diecimila contadini strappati dai campi e armati di forconi. Riuscirà Druss a compiere la sua ultima impresa?
Al suo fianco un guerriero codardo, ma che a volte va in berserk tipo l'Eva di Shinji, dalla fortuna variabile. Nel senso che per puro caso si ritrova accoppiato con l'erede della più grande fortezza del nord (che culo!), scoprendo però subito dopo che adesso gli tocca difenderla dal mezzo milione di mongoli di cui sopra (doh!).
Personaggi secondari: un gruppo di monaci/guerrieri/stregoni bianchi apparsi dal nulla, Robin Hood e gli allegri compagni del bosco e un gruppo di altri tizi semibarbarici.

Perché è stato difficile scrivere questa recensione? Perché i libri mi sono piaciuti un casino pur trovandovi difetti a iosa. Come uscire da questa fastidiosa dicotomia? Ci ho pensato molto e ho concluso che è impossibile. Cercherò quindi di illustrarvi i punti deboli (-) della narrazione affiancati ai rispettivi punti di forza (+):

1) Il narratore  
(-) Probabilmente è la cosa più fastidiosa. Gemmel utilizza un narratore onnisciente con focalizzazione zero. In pratica veniamo a sapere sempre tutto di tutti, in qualsiasi momento. Quello che pensa Druss, quello che pensano i suoi avversari, sua moglie, suo padre, suo zio. I punti di vista di tutti sono descritti con costanza rendendo praticamente impossibile ogni vera identificazione con il protagonista. Seguiamo Druss e le sue imprese, ma non siamo mai veramente al suo fianco. Siamo un po' più in alto e vediamo lo svolgersi degli eventi come se fossimo sugli spalti di uno stadio. E' una tecnica narrativa vecchia e abbastanza fuori moda che non permette l'introduzione di dubbi, di colpi di scena, di improvvisi stravolgimenti della trama. Le sorprese, quando arrivano, si inseriscono sempre in un contesto in cui il lettore sa sempre perfettamente dove sono collocati i vari personaggi e ne può prevedere quasi sempre con esattezza il comportamento futuro.
(+) Il problema è che tutto ciò è chiaramente voluto. Il narratore onnisciente, sebbene estremamente fastidioso, è però adattissimo alla storia come la racconta Gemmel. Si tratta di un onestissimo fantasy epico vecchio stile, senza pretese di complessità o di modernità, senza antieroi e senza laceranti divisioni: al 90% sappiamo sempre chi ha torto e chi ha ragione, chi merita di essere salvato e chi si beccherà un colpo d'ascia di Druss.

2) L'impianto morale
(-) Anche qui l'assenza di complessità balza subito all'occhio. Il villaggio di Druss viene attaccato e all'inseguimento dei razziatori compare un vecchio con due spade che immediatamente si lancia nella predica rituale e enuncia il suo codice: il codice del guerriero.
Un cavaliere è votato al coraggio. Il suo cuore conosce solo la virtù. La sua spada difende gli inermi. Il suo potere sostiene i deboli. Le sue parole dicono solo la verità. La sua ira abbatte i malvagi
Ah no, aspettate, Questo è Dragonheart. Però ci andiamo vicino: 
"Non violare mai una donna, non fare del male ad un bambino, non mentire, imbrogliare o rubare, perché queste sono cose per uomini da poco. Proteggi i deboli quando il male è forte e non permettere mai a pensieri di guadagno di spingerti a perseguire il male"
Insomma, la crescita morale di Druss da taglialegna di umore turbolento a guerriero difensore degli inermi è prevedibile da pagina 10 e prosegue senza cedimenti. Sì, ogni tanto c'è l'ascia invasata di potere demoniaco a farlo vacillare un po', ma le incertezze sono temporanee e mai pericolose.
(+) Per la serie "a quanto pare Gemmel può farlo", tale mancanza di complessità non si traduce però in noia e disinteresse perché... beh, fondamentalmente perché c'è Druss. E nella caratterizzazione del protagonista l'autore fa un lavoro da maestro. Druss è eroe positivo proprio perché privo di complessità.

I tuoi nemici ti hanno rapito la donna? Cazzo, li insegui con un'ascia a due mani, gli entri nell'accampamento e li ammazzi tutti per riprenderla.
Sì, ma sono quaranta contro uno. Sticazzi.
Devi liberare un tizio in un accampamento di briganti, non ti puoi far notare, ma incroci quattro tizi che stanno per violentare una donna.
Pazienza ammazzi tutti e liberi la ragazza.
Ma così ti catturano e finisci in una segreta a morire di fame. Eh Sticazzi.
Infine, c'è un tizio con mezzo milione di guerrieri che assedia una città difesa solo da contadini. Sai benissimo che non puoi vincere e che ogni difesa è inutile.
Eh Sticazzi.

Ci si ritrova ad amare Druss perché fa dello sticazzi positivo una morale di vita. Le preoccupazioni sulle conseguenze, sui guadagni e le perdite accettabili sono cose per "uomini da poco", appunto. Il cazzo di codice dice che devi difendere i deboli, sì o no? Sì. E allora prendi un'ascia e mena. Fine della discussione.
E il bello è che quelli che gli stanno attorno l'ascia la prendono davvero. Perché vedono Druss e pensano "ecchecazzo, pure io", risultando alla fine ancora più eroici perché, al contrario di Druss, non sono alti due metri e non pesano 180 chili. Il tutto condito da frasi tipo "il vero eroe è il contadino che zappa la terra dalla sei di mattina alle otto di sera, mica il soldato" a cui si sottintende che se però, oltre a zappare, prendi pure la spada e ammazzi un po' di selvaggi a cavallo, tanto meglio. 

3) Caratterizzazioni meh
(-) I comprimari lasciano un po' a desiderare. Prendiamo Rek ad esempio, nella Leggenda dei Drenai. Dall'inizio ci viene descritto come un codardo che scappa dalla guerra. Lui stesso lo precisa in più punti e ci tiene a ripeterlo praticamente a chiunque incontri.
In realtà non scappa mai.
Cosa alquanto singolare per un codardo dichiarato.
E non è che di solito svolga il ruolo di scrivano in un qualche castello fortificato. Entra nell'esercito, si guadagna il titolo di ufficiale, viaggia costantemente in zone infestate da banditi (tanto da essere amico di alcuni di loro), salva damigelle in pericolo e in più accetta di seguire una di loro verso la più grande, nonché la più disperata, battaglia di tutti i tempi. Di fronte a tutto ciò, si dichiara codardo perché: "eh quando ero soldato, a un certo punto sai, ho visto che era morto l'80% di quelli che conoscevo, nonché 3 o 4 ufficiali che ricoprivano il ruolo prima di me, e mi è venuto da pensare: non è che a fare il messaggero per i ricchi ci guadagno di più e campo meglio?"
Se questa è codardia, allora è un vile dichiarato chiunque riesca a contare fino a 10 senza utilizzare le dita delle mani. Si chiama "avere un cervello", a casa mia.
Vogliamo parlare dell'ordine di monaci guerrieri? Cioè, ci sono questi trenta tizi, scelti fra gente dotata, che si allenano per raggiungere la perfezione e per morire nella più grande battaglia di ogni epoca. Sì ma, perché? E non voglio neppure sapere perché dei monaci che servono il flusso eterno e sacro della vita, passino il 90% del loro tempo esercitandosi per imparare a toglierla. Mica stiamo a questionare su queste banalità. No, dico, perché proprio loro? Chi glielo fa fare? Da dove arrivano? Chi li manda? Boh. Li ha chiamati la Fonte e se non ti sta bene cazzi tuoi.
(+) Stranamente, per tutta la durata del libro si riesce benissimo a far finta di niente. Sarà che siamo distratti dal continuo vorticare delle lame, sarà che in fondo i personaggi sono simpatici, sarà che comunque la lettura scorre. Mistero.

4) Numeri cosmici
(-) Gemmel non si è impegnato granché nella verosimiglianza, c'è poco da fare. L'assedio ne La Leggenda dei Drenai è esemplificativo di tutta la vicenda. Andiamo per punti:

  • Mezzo milione di nemici - chiunque abbia in mente di scrivere di un mondo dai connotati paramedievali sa che si tratta di un'assurdità. I Romani avevano circa 350.000 uomini sotto le armi. Alla fine delle lotte tra Ottaviano e Marco Antonio e in tutto l'impero. Erano talmente tanti che Augusto fu costretto a diminuire i numeri per evitare di andare in bancarotta e, soprattutto, a nessun generale nella storia, prima delle campagne napoleoniche, è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello di muovere mezzo milione di persone in una volta sola. Semplicemente perché è un incubo a livello logistico. Prima dell'introduzione della ferrovia non esiste modo di rifornire un fronte di tale grandezza, né di farlo muovere. Basta pensare che gli stessi prefetti romani, che di logistica un po' se ne intendevano, ritenevano assolutamente inefficiente e tatticamente assurdo ogni esercito che superasse il numero massimo di 8 legioni (ca. 40.000 soldati e qualche migliaio di cavalieri). Possono sì sopravvivere grandi masse barbariche in movimento (i Cimbri ai tempi di Mario e Silla, per esempio), ma erano popolazione nomadi intere (quindi formate anche da donne e bambini) costrette a spostarsi continuamente solo per sopravvivere. Non si è mai visto un esercito di mezzo milione di uomini che si accampa sotto una fortezza. A farci cosa poi? O hai di fronte l'Himalaya e quello è proprio l'unico passo possibile (per la serie WTF?) oppure un generale abile come Ulric (così viene descritto) sicuramente potrebbe trovare qualcosa di meglio da far fare a mezzo milione di cavalieri che non mandarli tutti in un luogo dove non si possono usare i cavalli.
  • Il muro infinito - ok, la città difesa da Druss ha 6 muraglie difensive. La prima viene descritta come talmente ampia da richiedere tutti i 10.000 uomini schierati per essere difesa e comunque potrebbero non bastare. Ora, è una questione matematica. Se occorrono 10.000 uomini per difenderla e vogliamo essere generosi sullo spazio (almeno 1 metro di spazio a testa glielo vorremo dare no, altrimenti manco ce la fanno a muoversi) siamo di fronte a un muro da difendere di 10 chilometri. Potrebbero anche essere 20 o 30 perché ci dicono che i guerrieri bastano a malapena. Ma chi cavolo si mette a difendere un muro di 20 chilometri? E che razza di città ci sta dietro? Giusto per dire, Gerusalemme, ai tempi dell'assedio di Tito, aveva un perimetro di 6 chilometri e mezzo. L'intero perimetro, non uno dei muri esterni.
  • Assedianti sempre sulle mura - ora, io non so dove Druss abbia imparato a respingere un assalto, ma di solito il modo migliore non comprende l'aspettare con le armi in pugno che il nemico abbia raggiunto la sommità delle mura per poi tentare le ributtarlo giù. Di solito le mura servono appunto a non farsi scalare. Come cavolo è possibile che i nemici si arrampichino permanentemente su per le cavolo di scale? Dove stanno gli arcieri? Dormono? Bah.
  • Devo andare che mi scuoce la pasta - Ulric con la clessidra in mano che dice "o me la prendete entro tot, questa fortezza, oppure ce ne andiamo" è una delle scene più belle (e irrealistiche) mai descritte nell'universo fantasy. 1. Ma con mezzo milione di guerrieri, non ne potevi lasciare indietro qualche decina di migliaia a guardarti le spalle? Organizzi l'invasione del secolo e non ti preoccupi di lasciarti dietro eventuali figli ribelli? Ciccio, così l'imperatore lo sappiamo far tutti; 2. ma se proprio dovevi andare, non potevi lasciar lì un 100.000 soldati a finire l'assedio? 3. e a prescindere, ti sembra il caso di stare un mese di fronte a delle mura e poi andartene quando ormai restano a difenderla quattro gatti? Mah. Decisamente, Gemmel non sapeva come concludere il libro ma così è un po' una cagata.
(+) Rimane l'epicità. Eh beh, lì non ci puoi fare nulla. Druss che si oppone alla carica degli Immortali. I contadini che diventano guerrieri. Il coraggio, la serenità del guerriero e tutto il resto delle minchiate che spingono noi uomini a giocare con le spade finte dai tempi di Omero ai giorni nostri, sono tutte lì e si fanno sentire. Mescolate a buone dosi di comune buon senso che stemperano e ridimensionano sotto l'ottica dell'ironia.

Conclusione: non è la saga della vita ma Druss si salva e rimane nei nostri cuori.
6 per le trame un po' sconclusionate
8,5 a Druss.

7,5 voto finale di giustezza