venerdì 23 febbraio 2024

Realismo letterario

Un po' di tempo fa ho scritto riguardo al gruppo di lettura che sto frequentando. Ne sono tutto sommato soddisfatto perché mi aiuta ad uscire un po' dalla comfort zone dei miei generi preferiti (fantasy, fantascienza e storico). Su questo filone, ultimamente ho letto tre libri che in qualche modo ho visto legati da un unico filo conduttore e questi sono i miei appunti in merito.

1) John Fante - La Confraternita dell'uva

Ho notato adesso la prefazione di Capossela
Ambientato negli USA, parla dei difficili rapporti fra un figlio scrittore e un padre scalpellino, all'interno della comunità italoamericana. L'ho abbastanza divorato. Nel senso che me lo sono portato dietro per un corso di formazione in una città vicina e me lo sono letto praticamente letto per intero durante l'andata e ritono in treno. A farmelo piacere di più è stato il grezzo materialismo. Gli ambienti, le persone, i paesaggi, gli oggetti, il cibo, sono tutti descritti nel modo più materico possibile. Quando Fante descrive la pietra ti sembra di poterci appoggiare le mani, quando racconta dei piatti serviti sulla tavola ti sembra di poterli assaporare. La letteratura americana di suo ha punte di estrema concretezza che qui vengono particolarmente esaltate. Poi certo, ci sono altri passaggi che ho apprezzato. L'introspezione psicologica, in cui evidentemente l'autore mette note biografiche, è molto accurata e se avete avuto un rapporto in qualche modo conflittuale con vostro padre (esistono maschi che non lo hanno avuto?) vi ci potreste senza dubbio ritrovare. Però no, questo libro mi rimarrà in mente per la descrizione del banchetto finale con le api. A livello di scrittura è stupendo.

2) John Steinbeck - Uomini e topi

Un'efficace brevità
Parlando di lacune culturali, Steinbeck è sicuramente una. Non mi sono addentrato molto nella letteratura americana e almeno questo libro l'ho recuperato col gruppo di lettura. Commento: finita la lettura, l'ho messo da parte non insoddisfatto ma abbastanza tiepido. La storia era passata via veloce in modo molto piano. Trama semplicissima, praticamente telefonata. L'autore vi mette davanti una serie di elementi che, uno dopo l'altro, riappaiono e tornano importanti nello stesso ordine in cui erano comparsi la prima volta. Quando il destino di Lennie si realizza, non siete stupiti. Non c'è nessun colpo di scena: è la realizzazione di un percorso che avevate visto fin dall'inizio.
Quindi ero tiepido. Poi ci ho ripensato e soprattutto ho riflettuto su come mi ero sentito durante la lettura. In 130 pagine scarse, Steinbeck crea questo meccanismo perfetto in cui siete perfettamente consci che:
- i protagonisti sono dei completi disgraziati, dei casi persi che nel migliore dei mondi possibili al massimo riusciranno a sopravvivere;
- il mondo che li circonda è ostile, brutale e tutto andrà a finire in lacrime;
- hanno delle speranze e dei sogni quasi tangibili e sarebbe veramente bellissimo se potessero realizzarli.
Tutto questo insieme. Si osservano le speranze dei personaggi, desiderando come loro che si avverino, consapevoli che non succederà. Il tradimento del sogno americano messo su carta. Bellissimo.
Ps. ho letto la traduzione di Pavese. Sono abbastanza sicuro che la Bompiani ne abbia rilasciate altre sostenendo che quella di Pavese fosse troppo influenzata dal suo modo di scrivere e che nei tempi moderni ecc. Ma abbiamo avuto abbastanza forestali per il momento. Almeno Pavese sapeva scrivere.

3) Jean-Claude Izzo - Casino totale

Sorseggiare pastis in un bar di Marsiglia
"No ma ho cominciato a leggere quel libro di Izzo che mi avete dato. Ma lo sai che è carino?"
Comunque l'autore è morto.
Grazie mamma.

Comunque, Izzo sapeva scrivere. Rip. Di per sé il libro ha un sacco di difetti. L'intreccio è, intanto, un enorme casino. Poi un po' sono io che prima di leggere un giallo preferirei farmi sparare in un ginocchio, però oggettivamente la trama è tenuta assieme con tanto nastro adesivo e buone intenzioni e la soluzione dei problemi arriva con espedienti abbastanza ridicoli. Detto questo, per il resto è scritto da paura e si inserisce benissimo in questo percorso di verismo per quanto riguarda la descrizione degli ambienti. Marsiglia, la città, viene raccontata con amore, consapevolezza e poesia. Le strade, le persone, anche qui: il cibo, vengono raccontati in modo vivido e commuovente. A metà volume ho guardato quanto ci vuole ad andare in macchina a Marsiglia per capire quanti giorni devo prendermi per andare a bere un pastis in un bar sul mare. Poi ho letto su internet che il pastis è a base di anice. Porca puttana, odio l'anice.
Comunque, veramente un bel libro. Voglio andare a cena da Fabio Montale. Peccato non esista. 



domenica 11 febbraio 2024

Il voto popolare

Probabilmente farò il solito ascolto/classifica di Sanremo perché ormai è tradizione, però volevo partecipare al dibattito nazionale su Angelina Mango che scippa il titolo a quello che piaceva al popolo. E lo farò facendovi notare un piccolo dettaglio che non so perché sembra sfuggire ai più:

Classifica Sanremo 1982

Classifica Sanremo 1983

Raga, le canzoni estremamente popolari non hanno MAI vinto a Sanremo. Mai. La differenza è che adesso arrivano seconde mentre nel 1982-83 si classificavano regolarmente ultime per poi rimanere prime nelle classifiche di ascolto per sei mesi.
Non ho idea se Geodier si meritasse o no di vincere, né se lo meritasse la figlia di Mango. Ma il punto è: chissenefrega di chi vince Sanremo? Quando mai è stato importante?
Eddai su.