venerdì 23 marzo 2012

Il Principe di Salina

Allora, datemi pure del professore rompicazzo, però è impossibile leggere queste cose e lasciar passare come se niente fosse.
La Repubblica, giovedì 22 marzo 2012, pag. 35 articolo intitolato "La riforma del Gattopardo" di Tito Boeri e Pietro Garibaldi. Al terzo paragrafo si consuma il delitto:
Purtroppo questa ampiezza avviene a scapito della profondità e si ha come l'impressione di un intervento voluto dal Principe di Salina, "affinché tutto cambi perché nulla cambi" [...]
NO cazzo.
Io capisco che Boeri e Garibaldi siano due economisti e quindi ne sappiano di letteratura italiana quanto io di scienza farmaceutica. E capisco anche che associno il Gattopardo alla nota frase riportata sopra. Dopotutto è vulgata comune che il romanzo di Tomasi di Lampedusa sia una protesta contro il trasformismo del popolo italiano e se si fossero limitati a parlare di "riforma gattopardesca" o "spirito gattopardesco" sarebbe andato anche bene. Però a loro questo non basta. No, vogliono a tutti i costi fare i fighi, aprire la pagina di wikipedia e, senza nemmeno leggerla fino in fondo, attribuire la frase canonica al protagonista della storia.
Beh mi spiace, ma non è il Principe di Salina a dirla. E' Tancredi.
Tancredi cazzo! Non c'è nemmeno bisogno di avere in casa il libro. Basta andare qui per controllare. Pagina 14, Tancredi Falconeri, nipote del Principe dichiara la sua intenzione di unirsi ai garibaldini.
Il Principe ebbe una delle sue solite visioni improvvise: una scena crudele di guerriglia, schioppettate nei boschi, ed il suo Tancredi per terra, sbudellato come quel disgraziato soldato.
- Sei pazzo, figlio mio. Andare a mettersi con quella gente. Sono tutti mafiosi e imbroglioni. Un Falconeri dev'essere con noi, per il Re.
Gli occhi ripresero a sorridere. Per il Re, certo, ma per quale Re? Il ragazzo ebbe uno di quei suoi accessi di serietà che lo rendevano impenetrabile e caro.
- Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?
Non so se è comprensibile anche a Boeri e a Garibaldi (che con un nome come il suo almeno queste cose dovrebbe saperle), ma nell'orizzonte del Principe il trasformismo non compare mai. Il Principe è al contrario il portavoce dello sdegno dell'autore per la "buffonata" del Regno d'Italia, destinato a cambiare tutto per far restare tutto uguale. Salina non è il Consalvo dei Viceré. Non si fa avanti per mantenere il suo potere nel mutato contesto, tanto che rifiuta di diventare Senatore del nuovo stato. Al contrario, segue l'avanzata dei piemontesi con infinita tristezza e con lo sguardo rancoroso di chi vede la decadenza e l'agonia di un mondo amato.
Pagina 16:
Questo era il paese degli accomodamenti, non c'era la furia francese; anche in Francia d'altronde, se si eccettua il giugno del quarantotto, quando mai era successo qualcosa di serio? Aveva voglia di dire a Russo, ma la innata cortesia lo trattenne: - Ho capito benissimo: voi non volete distruggere noi, i vostri padri. Volete soltanto prendere il nostro posto. Con dolcezza, con buone maniere, mettendoci magari in tasca qualche migliaio di ducati. È cosí? Tuo nipote, caro Russo, crederà sinceramente di essere barone; e tu diventerai, che so io, il discendente di un granduca di Moscovia, mercè il tuo nome, anziché il figlio di un cafone di pelo rosso, come proprio quel nome rivela. E tua figlia, già prima, avrà sposato uno di noi, magari anche questo stesso Tancredi, con i suoi occhi azzurri e le sue mani dinoccolate. Del resto, è bella, e una volta che avrà imparato a lavarsi...
- Perché tutto resti com'è. Come è, in fondo: soltanto una inavvertibile sostituzione di ceti. Le mie chiavi dorate di gentiluomo di camera, il cordone ciliegia di S. Gennaro, dovranno restare nel cassetto, e dopo finiranno in una vetrina del figlio di Paolo; ma i Salina rimarranno i Salina; e magari qualche compenso lo avranno: il Senato di Sardegna, il nastro pistacchio di S. Maurizio. Ciondoli questi, ciondoli quelli.
A voi sembrano le parole di una persona entusiasta del cambiamento? Il Principe odia i nuovi arrivati, i borghesi e i mercanti, che con i loro schioppi e le loro parole di Unità d'Italia nascondono il desiderio di prendere il posto della classe dominante nobiliare. Li odia come un patrizio romano del IV sec. d.C. avrebbe odiato i barbari germanici giunti a sostituire le raffinate abitudini del mondo antico con le nuove usanze del nord Europa. La donna borghese di cui Tancredi è innamorato e che sposerà alla fine del libro viene giudicata perfino "incapace di lavarsi". Fate voi.

Il Gattopardo non è soltanto la rappresentazione e la condanna del trasformismo italiano (e in particolare siciliano). E' soprattutto la cronaca malinconica della distruzione di un mondo. Un mondo avvertito come sostanzialmente uguale nell'ingiustizia ma migliore nelle usanze e nei costumi. Ugualmente ingiusto ma più bello.
Da qui la frase che davvero rappresenta Il Gattopardo, a pagina 93:
Il Principe era depresso: - Tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli...; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.
Insomma, Boeri e Garibaldi, fatemi un favore: continuate a parlare di economia e lasciate perdere i riferimenti letterari. Oppure mandatemi le bozze degli articoli. Ve li correggo io.

 

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