martedì 17 luglio 2012

Mah, questo Faletti...

Da qualche parte devo già aver espresso la mia radicata avversione per i gialli o i thriller in genere. Tuttavia sono solito smentirmi spesso, ecco perché in questi giorni mi sono letto l'ultimo uscito di Faletti.

Se me ne fregasse qualcosa di calcio forse... (ndr.)
In realtà è finito nella mia borsa quasi per caso. Era proprio lì, sul tavolo della cucina, martedì scorso. Gli dato un'occhiata mentre stavo uscendo, ho notato che era un libriccino (ca. 150 pagine) e avendo sempre schifato Faletti in passato mi sono detto "è l'occasione buona per cominciare", riproponendomi di leggerlo in bus.
Due giorni dopo il libro era finito. Una settimana dopo vi beccate questa recensione.

Trama: Silvano Masoero è un ex pugile che al culmine della carriera si è fatto coinvolgere in un giro di scommesse clandestine truccando un incontro. Nel magico mondo di Faletti che ovviamente non può essere l'Italia, non solo viene scoperto dalla polizia ma finisce addirittura in prigione. Uscito di carcere dopo un tempo imprecisato ma che da come ce lo descrive l'autore sembrano millemila anni, è poco più di un reietto della società, che riesce infine a trovare lavoro come guardiano/addetto agli spogliatoi/magazziniere/factotum dello stadio per la società sportiva locale.
Ad anni di distanza scopre che il figlio, centroavanti e beniamino della suddetta squadra, a un passo dal passaggio alla serie A sta per ripetere il suo stesso errore, intrallazzando per truccare l'ultima partita del campionato. Ovviamente il nostro eroe non può permetterlo...

Commento: bah.
Articolando meglio... se fossi una signora di mezza età con una spiccata tendenza alla lacrima per i difficili rapporti padre-figlio, se avessi passato i miei 25 anni di vita su Marte e fossi sbarcato la settimana scorsa in Italia con la mia navetta spaziale, se me ne fregasse qualcosa del calcio o soffrissi di una qualche forma latente di passione sportiva, forse e dico forse potrei passare sopra gli enormi difetti di questo romanzo/racconto lungo e definirlo bello.
Non avendo nessuna di queste caratteristiche... "bah". Nel senso di: passabile lettura da autobus ma assolutamente dimenticabile per la sua irrilevanza.
Quali sono questi enormi difetti?
Innanzitutto la totale assenza di documentazione. Perché, va bene che metti le mani avanti nella postfazione specificando che di calcio e giustizia sportiva non capisci un'acca, ma basta un pollice opponibile e una ricerca su google, se proprio il buonsenso non ti mette in allarme, per sapere che per una truffa sportiva, in Italia, è semplicemente impossibile andare in galera.
In particolare il concorso in frode sportiva è regolato dalla legge 401 del 1989 che prevede una pena dai 3 mesi ai 2 anni. Il che significa che te la cavi con una multa, visto che in Italia nessuno finisce in carcere con una pena detentiva sotto i tre anni.
Già questo basta a far cambiare genere a "Tre atti e due tempi". Da thriller diventa fantasy e francamente un fantasy con scarpini chiodati e magliette sudate al posto di asce e spade, a me fa cagare.
Ma si tratta solo della punta dell'iceberg di cazzate che Faletti ci propina nel suo libretto. Che dire di Silver (Silvano) che ruba il cellulare all'allenatore morto e lo usa per guidare la partita al suo posto? Già così la trama gridava MACCOSA? Se poi ci aggiungi la scenetta in cui il presidente della squadra chiama il mister e il telefonino squilla nella tasca di Silver costringendolo a far finta che sia arrivata una telefonata anche a lui nello stesso istante, il livello del plot precipita evidentemente sui livelli di "Un posto al sole".
Solo che per la puntate di Un posto al sole non spendo 12 euro.
A livello di sentimenti, vogliamo parlare del romantico abbraccio di fine romanzo, in cui il figlio imbroglione ringrazia con il cuore in mano il padre che gli ha appena fatto perdere 30 milioni di euro (più la casa e la porche vendute per finanziare la scommessa)? E la tizia di cui manco mi ricordo il nome con cui Silver gioca alla ghigliottina (non quella di Robesbierre, quella di Carlo Conti) che funzione avrebbe? No perché, per la profondità con cui viene descritto il suo rapporto con il protagonista, potrebbe benissimo essere stata introdotta solo per ricaricargli il telefono durante la partita.

Ok, ma ci sono dei lati positivi?
Mmmm, ni. La scrittura è piacevole ma non è un merito. Cavolo, se pubblichi con Einaudi, una scrittura piacevole è il minimo sindacale che mi aspetto. Quindi il fatto che si legga bene in autobus non è un pregio. Anche perché in autobus ci ho letto pure La Certosa di Parma, quindi non faccio testo.
Fa passare il tempo, questo è vero.

Insomma, se vi piace Faletti, evitate di leggere questo libro e conservate il buon ricordo che avete di lui. Se non lo avete mai letto, non è questo il libro con cui cominciare.
Se non vi piace, avete sicuramente le vostre ragioni.

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