lunedì 28 settembre 2015

Quando passava Ingrao

Ho iniziato ad andare alle manifestazioni dodici anni. Età in cui i miei genitori decisero che ero abbastanza grande da farmi qualche chilometro a piedi nelle folle senza disturbare troppo. Da allora sarò stato in qualche decina di cortei. In quelli più importanti, dalla marcia contro la guerra in Iraq alla manifestazione di Cofferati per l'art. 18, c'era sempre il momento in cui, fra il vociare della folla e gli slogan, tutti si facevano improvvisamente zitti e circolava la voce "passa il compagno Ingrao".
A volte lo diceva pure gente che prima di farsi chiamare "compagno" da qualcuno si sarebbe fatta sparare.

C'era sempre questo enorme rispetto per Ingrao. Lo stesso rispetto che si porta ai monumenti antichi. Si poteva non essere d'accordo con lui ma quando passava si aveva sempre l'impressione forte di trovarsi di fronte a un sopravvissuto. Un uomo che era riuscito ad attraversare la storia senza farsi piegare dagli anni e dagli eventi. E soprattutto che c'era riuscito rimanendo coerente con se stesso e con ciò che amava, senza rinchiudersi nell'adorazione del passato ma vivendo il presente e le sue lotte, cercando di essere utile.

Ecco, credo che il modo migliore di ricordarlo, sia dire che c'era. In ogni momento, dopo ogni disastro, per ogni lotta, lui c'era sempre.


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