domenica 30 aprile 2023

La Russia contemporanea di Luk'janenko

Questo è un post un po' particolare perché non è una recensione, non è un trattato di sociologia né ho una particolare tesi da presentare. Diciamo che potrei definirlo come un boh raga, ho letto questa cosa e mi sembrava interessante buttarla giù da qualche parte, quindi beh, probabilmente non arriveremo a niente. Prendetela come una pagina di appunti.
Oggi parliamo di Sergej Luk'janenko, scrittore russo di fantasy e fantascienza.

Foto direttamente dalla pagina di wikipedia (ndr.)
Nato nel 1968, ha iniziato a scrivere negli anni '80. Al di là di tutto quello che andremo a dire fra poco, il mio consiglio è assolutamente quello di leggere i suoi lavori. Sia il Ciclo delle Guardie (tutti e 5 i volumi) sia il romanzo de La Torre del Tempo sono fantasy di altissimo livello e assolutamente una ventata di originalità in un genere che a volte rischia di essere asfittico. C'è però un fattore ulteriore che rende estremamente interessante leggere i suoi libri: l'ambientazione. Il suo è infatti un fantasy che vive nel nostro mondo e nella contemporaneità. Diciamo che è l'equivalente russo di Harry Potter, con un universo fantastico che va a intrecciarsi con quello reale che conosciamo, ma con legami ancora più stretti. I maghi di Luk'janenko si muovono in una Russia e in una Mosca che sono quelle contemporanee e nel contesto sociale russo attuale. Il protagonista del romanzo, anche se l'essere un mago lo rende in qualche modo diverso dagli esseri umani che lo circondano, è fortemente "russo" e partecipe dei sentimenti del suo tempo. Se volete capire la Russia attuale, questi libri sono quindi estremamente interessanti.

Parlando ancora di Luk'janenko, diciamo che ha posizioni politiche "interessanti". Da una parte, se leggete quello che scrive, non è chiaramente un sostenitore di Putin. Anton, che è praticamente la voce dell'autore, è un mago della Luce, fieramente avverso alla corruzione e alla violenza del regime. Ama il genere umano, si sente in colpa se approfitta dei suoi poteri per rendersi la vita più facile, cerca di proteggere gli innocenti e spera in un futuro in cui gli uomini smetteranno di farsi male a vicenda. A un primo sguardo sarebbe facile inserire tutti questi lavori nel contesto europeo e dire che è praticamente uno di noi. E invece no, è russo e ci tiene a ricordarlo. Vi faccio alcuni esempi, tutti tratti dall'ultimo libro arrivato in Italia nel 2015: "I Nuovi Guardiani".

«Lei ha detto che mi stava aspettando» cominciai. «Che mi stava aspettando da molto tempo, e che pensava fossi francese.»
«Forse è un bene che lei sia russo» disse Erasmus. «Mi deve scusare, ma io non nutro molta simpatia per il vostro popolo dai tempi dell'assedio di Sebastopoli. Però i francesi mi stanno ancora più antipatici.»
«Dai tempi della Guerra dei cent'anni...» borbottai.
«Più o meno. Ma i russi sono roba del passato oramai. I nemici sconfitti uno li può solo rispettare e rimpiangere.»
La mia reazione fu del tutto inaspettata, persino per me stesso: il bicchiere che avevo tra le mani scricchiolò e il pavimento si riempì di frammenti di vetro e gocce di whiskey, mentre sul mio viso balenò un'espressione tutt'altro che amabile.
Erasmus alzò subito le mani in un gesto pacificatore. «Stop, Stop, Stop! Questa è solo l'opinione di un vecchio indovino in pensione. Io... non ho tenuta in debita considerazione il fatto che lei è giovane, Antoine. Ammetto di essere stato troppo brusco.»

Quindi, notate che qui è l'autore che sceglie di mettere queste parole in bocca a un personaggio inglese. Come si sentono i russi nel mondo contemporaneo? La parola giusta è probabilmente quella che usa Erasmus: "sconfitti". Ed è uno stato d'animo che si estende a chiunque abiti in quella parte del mondo, anche in quelli che per valori personali sono più vicini al mondo "occidentale" o "europeo". C'è un profondo sentimento revanscista che attraversa quel paese, cresciuto attraverso il naufragio dello stato sovietico e arrivato fino ai nostri giorni.

Riguardo all'Europa, a un certo punto del romanzo Anton si trova a discutere con una maga di Taiwan.

Pasha rallentò un attimo e si girò a guardarmi, non si capiva bene se con simpatia o con commiserazione.«In Europa è lecito pensare che ci sono sempre e comunque due strade, e che una è sicuramente quella giusta. Noi, qui in Asia, sappiamo che di strade ce ne possono essere molte di più, forse un numero infinito. Ma ciò non vuol dire che tra queste ci debba per forza essere quella giusta.»
«Io vivo in Russia» risposi. «Che non è né Europa né Asia. Laggiù non abbiamo strade, abbiamo solo direzioni. Ma la cosa non ci ha mai turbato più di tanto.»

Cosa si sentono di essere i russi? Probabilmente la parola giusta è "altro". Ed è una condizione che da una parte rivendicano e in cui dall'altra si sentono in qualche modo condannati. Di fatto nessuno dei popoli che li circonda li considera dei loro. Gli europei li vedono come asiatici abitanti del terzo mondo, gli asiatici come europei abusivi in Asia. Loro stessi non sanno cosa sono né come definirsi. L'unica cosa che un tempo li teneva legati al resto del mondo era l'ideologia comunista che era di suo universale. Adesso non hanno altro che la riscoperta del patriottismo. Sono russi e tanto gli deve bastare.
Parlando di questo:

Una donna aspettava pazientemente il suo turno con due poppanti attaccati al seno, ma dopo un po' venne aggregata a un'altra fila, composta principalmente da bambini e anziani. Non c'è niente da fare, in Europa i russi sono considerati, non senza un certo sospetto, dei cittadini del "terzo mondo", alla stregua di un qualsiasi paese sovrappopolato dell'Estremo Oriente. Anzi peggio, perché la Russia, pur avendo accettato il proprio ruolo di paese del terzo mondo, mostrava ancora di avere delle ambizioni e opponeva una certa resistenza alla colonizzazione dell'Occidente.

Anton affronta il controllo dei passaporti entrando in UK. Da notare come l'autore abbia totalmente accettato la categoria di Occidente come termine geopolitico. In nessuno dei romanzi di Luk'janenko emerge un contrasto direttamente con gli USA. Gli americani non vengono praticamente nominati. Invece è onnipresente la tematica della contrapposizione con l'Occidente. Un Occidente che non viene mai definito però nei nostri termini. Nel senso, quando noi, che siamo da questa parte del mondo, pensiamo a ciò che ci differenzia dall'altra parte, ci sembra lampante una distinzione basata sul tipo di governo, i diritti individuali, la libertà di stampa. Per questo è ancora più interessante notare come veniamo visti noi dalla loro. Dal punto di vista dell'autore, russo, nessuna di queste cose è estranea o aliena o da rifiutare, anzi. Tutta la contrapposizione è spostata sul piano della ricchezza (primo mondo-terzo mondo) e del potere politico (colonizzazione-indipendenza).

Ultima citazione che mi sembra necessario inserire:

Il fatto che l'acqua sia un bene costoso, noi l'abbiamo scoperto soltanto adesso. Nessun dà il giusto valore a ciò che possiede in grandi quantità, ecco perché noi russi non abbiamo mai curato o salvaguardato in maniera adeguata i nostri boschi, i nostri fiumi, il nostro ambiente naturale, insomma. E nemmeno noi stessi. La vecchia battuta: «Questi bambini li laviamo o ne mettiamo al mondo degli altri?» ci calza proprio a pennello.
Che cosa deve accadere ancora perché ciascuno di noi si renda conto che è necessario salvaguardare ogni singolo albero di ogni singolo bosco, ogni singolo fiume, anche se non segnalato su una carta geografica, ogni singolo villaggio, anche se composto solo da cinque case, ogni singolo soldato che viene richiamato sotto le armi, ogni singolo cittadino che svolge il suo duro lavoro? Cos'è che ci può e ci deve far cambiare? Non ci ha cambiato il comunismo, che considerava gli uomini alla stregua di ingranaggi di un meccanismo più grande, e non ci ha cambiato la democrazia, che anzi ha fatto sentire tutti liberi di poter odiare il prossimo.
Di cosa abbiamo bisogno allora? Possibile che, come gli ebrei migliaia di anni fa, solo il dolore e la morte, la perdita dell'identità nazionale e la diaspora, il disprezzo degli altri popoli e la persecuzione possano permettere al popolo russo di ravvedersi e di tornare unito, ma senza sottovalutare le perdite e il prezzo della vittoria? Tutti i grandi popoli prima o poi devono sperimentare le proprie catastrofi, i propri olocausti. Lo sa bene la Cina, distrutta dall'oppio e sgretolatasi in mille pezzi; lo sa bene la Germania, che ha subito due sconfitte in altrettante guerre, per non parlare dell'onta del nazismo; e lo dovrebbe sapere bene anche la Russia, che non è estranea a rivoluzioni fratricide e guerre sanguinose.
Eppure sembriamo esserci scordati di tutto questo.

 Questo è il sostrato culturale e psicologico dietro ai romanzi di Luk'janenko. E sapendolo sinceramente non sono sorpreso delle sue posizioni in merito alla questione ucraina. Dal 2014 infatti si è prodotto in dichiarazioni anti-euromaidan ed è un fiero sostenitore della guerra di Putin nel Donbass.

Cosa volevo dire con tutto questo? In realtà non lo so nemmeno io. Ve l'avevo detto che erano appunti estemporanei. Però vi invito a leggere questo ciclo fantasy e spero che prima o poi Mondadori (o chi per loro) si decida a tradurre l'ultimo volume della saga. Si tratta di una finestra in un mondo altro da noi che secondo me è importante conoscere. 

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