giovedì 22 gennaio 2015

Il mezzo re - l'antieroe va di moda

Il ciclo recensioni 2015 si apre in modo discreto. Avremmo tanto voluto approcciarci alla prima serie di Abercrombie "La prima legge" ma per le imperscrutabili strategie di acquisto della biblioteca comunale, ci è invece toccato il primo libro della seconda, e non ancora terminata, trilogia "del Mare Infranto". Ah, sopra ho scritto imperscrutabili. In realtà volevo scrivere "del cazzo" ma sono un signore. Tipo che vai dal bibliotecario e gli dici: 
"no scusa, tutto bene eh, carino il libro... ma se dovete comprare uno scrittore nuovo, perché cavolo non prendete il primo libro della prima serie invece di acquistare il primo titolo a muzzo che vi porta il tizio della libreria?"
A cui si risponde con:
"Guarda che è già tanto che te le compriamo queste cazzate. Qui siamo tutti nati negli anni '50 e se fosse per noi terremo solo saggi di politologia e storie di famiglie disperate. Quindi ringrazia e non rompere"
Ok, magari la risposta è un po' più diplomatica e colta, tipo un "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare", ma il senso è quello.
Vabbé, direi che come premessa può andare no? Ecco a voi la recensione de:

Il libro ove la gente rema con un braccio solo (ndr.)

La trama

Yarvi è un principe. Cosa buona. Yarvi è principe di un regno nordico, tipo Danimarca, dove abitano dei similvichinghi che passano otto ore al giorno menandosi nei campi di addestramento ed è nato deforme, con un braccio rattrappito e solo il dito indice nella mano corrispondente. Cosa molto meno buona. Cosa buona: Yarvi non ha mai aspirato al trono, anzi è stato serenamente avviato alla carriera ecclesiastica, come praticamente chiunque, nel regno, abbia abbastanza cervello per contare fino a cinque. Ovviamente i preti devono essere casti, cosa molto meno buona, vedi mai che le persone in grado di contare si riproducano e migliorino la razza.
Succede un giorno che il padre e il fratello maggiore muoiano in un'imboscata e che Yarvi venga strappato al suo destino di quiete (cosa non buona) e di astinenza sessuale (cosa buona) per diventare Re. Succede che lo zio tenti di ucciderlo, usurpi il suo trono e Yarvi si ritrovi abbandonato in terra straniera e venduto come schiavo, dando il via a un lungo viaggio per mare e per terra. Riuscirà il nostro eroe ad ottenere la sua vendetta?

Commento breve

Come di consueto, il commento lungo contiene innumerevoli spoiler. Visto che il libro mi è piaciuto e non voglio rovinarlo a possibili lettori, vi anticipo che "non è eccezionale ma è ok. Un fantasy onesto con qualche punto in comune con GoT (un richiamo probabilmente voluto) e con una trama in qualche punto imbarazzante ma tutto sommato accettabile. Se volete leggerlo avete la mia benedizione".

NB. per chi passa di qui per caso... il commento breve lo inserisco solo per i libri che personalmente ho apprezzato. Si fosse trattato delle Troisi, giusto per non fare nomi, avrei tranquillamente spoilerato tutto senza preoccuparmi. Sapevatelo...

Commento lungo (per chi non è interessato a leggerlo o comunque se ne frega degli spoiler) per punti e votazioni decimali

Ambientazione: 8-
Vero punto di forza del libro, il mondo del Mare Spezzato, pur non essendo originalissimo nella concezione (ma cosa lo è, oggigiorno?), presenta una certa piacevole profondità. Al di là della conformazione territoriale, mutuata probabilmente da uno scenario baltico pre-cristiano, che presenta numerosi regni e principati autonomi sotto l'egida di un Impero più grande, con sede permanente al sud, nonostante le poche pagine, "Il Mezzo Re" parla di  un mondo con una storia lunga alle spalle, che viene voglia di conoscere. Gli eventi del libro sono sempre trattati come ultima scena di un percorso politico e storico complesso. La religione (nota a margine... ho apprezzato che si sia recepita la tradizione norrena di avere attributi maschili/femminili invertiti rispetto a quella mediterranea, es. Luna-dio maschile, Sole-dea femminile) viene trattata come elemento di contorno ma comunque influente e incuriosisce. In particolare, l'idea che vengano adorati 400 dei minori e sei grandi dei, più la Morte, e che tutto questo pantheon (più gli uomini) si sia prodotto quando "gli elfi hanno spezzato l'Unico Dio", frase ripetuta più volte nel corso della storia, sembra interessante e fa venire voglia di approfondire. Insomma, lo scenario c'è ed è notevole.
Personaggi: 6,5
Generalmente ben caratterizzati. Anche se ci sono elementi abbastanza "meh" - il personaggio della mercantessa/piratessa grida WTF praticamente in ogni paragrafo in cui compare - l'autore sembra quanto meno sforzarsi di dare a tutti una voce e una storia. Non sempre ci riesce benissimo ma ci prova. Yarvi è ok. Non sempre è facile mettere un antieroe al centro della scena. In questo caso il risultato è gradevole. 
Plot: 6-
Arriva alla sufficienza ma proprio per un pelo. Intendiamoci la storia non è mal congegnata, anche perché si basa su topoi quasi universali: il tradimento del familiare, la prigionia, il riscatto dello schiavo, la fuga, la compagnia con una missione, il ritorno e la vendetta. Tutti questi elementi sono presenti e vengono integrati con una certa grazia. I problemi sorgono nella verosimiglianza quando a quegli elementi si sovrappone il protagonista.
Joe, abbi pazienza, ma per quanto tu possa scrivere bene, non esiste forza al mondo che possa farmi credere che un mercante di schiavi, che cerca rematori per la sua galea, non si accorga che uno degli schiavi che sta comprando abbia un solo braccio funzionante. Per non parlare del fatto che quello stesso schiavo riesca poi a remare benissimo e che anzi, nel giro di qualche settimana di voga (con un braccio solo) con cibo scadente e frustate alla schiena, ne esca con il fisico rinforzato. E parliamo di un tizio che nei tre anni precedenti alla voga aveva fatto un lavoro da scribacchino per prepararsi a diventare sacerdote. Cioè, ma per davvero?
Oppure vogliamo parlare della piratessa/mercante, incredibilmente cattiva, al servizio di uno stato straniero, che trasforma in schiavo (massacrandolo di botte) il sensale che faceva un po' di cresta sui conti, ma ad uno schiavo che si era ribellato, massacrando metà equipaggio e arrivando vicino all'ammazzarla, si limita a fare un po' di voce cattiva per poi rimetterlo a pulire i ponti con la raccomandazione "di non dargli mai più un coltello in mano"? Ah beh. Legit.
Il finale è difficilmente classificabile come colpo di scena. Si tratta più di uno scherzo d'autore. Una di quelle cose tipo: ma veramente voglio farlo finire tranquillo? Nah, incasiniamo un po' le cose tanto per...
Impianto morale: ?
Il punto interrogativo sta per "meh". Nel senso che il messaggio del libro è difficilmente comprensibile. Nel finale infatti succede che [spoiler] lo schiavo assurdo di cui sopra, di nome Nulla, rivelatosi uno spadaccino imbattibile e divenuto praticamente la guardia del corpo del protagonista per tutto il viaggio di ritorno e vendetta, si scopre essere, nientepopodimenoche, lo zio di Yarvi, Uthred, spinto in mare dal fratello (lo stesso che ha tradito Yarvi) e adesso desideroso di riconquistare il trono sottrattogli vent'anni prima. Alla faccia del nipote.
Insomma, c'è un casino immane. Per tutto il libro, sembra che l'autore ci voglia dire che l'essere uno storpio malandato non è la fine del mondo se puoi contare su un cervello funzionante. Con astuzia, pazienza e un po' di abilità, il nostro Yarvi riesce effettivamente a prendersi la sua vendetta sul potente zio divenuto re, riscattando così il suo onore. Poi però il trono lo prende lo zio che non sa contare fino a cinque ma che con la spada fa il fenomeno. E lui deve comunque diventare prete e rinunciare a tutto.
Quindi la morale della storia è: "non importa se non hai un fisico possente, con un po' di astuzia, pazienza e abilità, con un viaggio di formazione che ti aiuti a maturare e a sviluppare le tue potenzialità, adattandoti e sfruttando al massimo le tue qualità puoi certamente raggiungere i tuoi obiettivi... per poi farteli fregare dal primo stronzo che passa che però ha un fisico possente e piace al popolo".
Eh beh. Grazie Joe.
Conclusioni: non so se, come recita la copertina, G. R. R. Martin abbia veramente detto "uno scrittore straordinario" di Joe Abercrombie - magari sì, magari l'ha detto di un altro e lo hanno frainteso, magari Abercrombie lo ha semplicemente pagato - ma, se per caso lo avesse detto sul serio, i motivi sono abbastanza evidenti. C'è molto di Martin in Abercrombie. O quanto meno ci sono una serie di elementi che, anche se comuni singolarmente a un gran numero di opere fantasy, in questa precisa combinazione fanno molto pensare al mondo dei Sette Regni:
1) un mondo antico, con una lunga storia e in cui si intuisce un intreccio di umani e non umani, magia e scienza dalle potenzialità interessanti;
2) la preminenza della politica con al centro la lotta per il trono;
3) l'antieroe storpio che combatte contro la deformità ed è costretto a ricorrere all'astuzia per supplire alla debolezza fisica;
4) il gioco sporco presentato come mezzo lecito per raggiungere il fine;
5) una certa spietatezza nei confronti dei personaggi.

Tutti questi elementi richiamano molto "il modo di scrivere" e le trame di Martin. D'altro canto, che Abercrombie non sia Martin è abbastanza evidente. La trama contiene delle ingenuità che G.R.R, per quanto si possa apprezzare o meno, non avrebbe mai permesso. Lo stesso finale, in cui fondamentalmente perde il buono, anche se fa pensare a quello che fa Martin, sembra più un espediente di basso livello "perché ora gli autori che deludono i protagonisti e i finali anticlimatici vanno di moda !!1!1!!!!" che a una decisione coerente con l'andamento del libro.
Voto finale 7-
C'è di meglio ma è carino.

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