martedì 16 aprile 2013

La bufala del legiferare senza governo

Ok, quello che faccio oggi è un inutile gesto di stizza. Inutile perché tanto il mio blog non lo legge nessuno, a parte quei 3 o 4 che mi conoscono e quelli che cercano una recensione del film di Anna Karenina. Una platea quindi del tutto ininfluente nel dibattito politico italiano.
Tuttavia trovo ormai insopportabile il coro continuo di chi, essendosi occupato fino a ieri prevalentemente di quanto fosse valida la formazione della squadra di fantacalcio, si improvvisi oggi costituzionalista emerito grazie a 45 secondi di lettura giornaliera dei titoli del FQ. Quindi l'argomento del giorno è: "per quale motivo dire che il parlamento può fare a meno del governo per legiferare è un'immane stronzata".

Si tratta di una bufala che, secondo la migliore tradizione berlusconiana del "continuo a ripetere una cagata qualunque affinché tutti ci credano", i sostenitori grillini & associati spammano a ciclo continuo in praticamente qualsiasi luogo.
Perché è una bufala? Andiamo con ordine.
Tutta la questione nasce dall'erronea lettura degli artt. 70;71;72 Cost.
Nei tre artt. della Costituzione Italiana si assegna al parlamento la funzione legislativa, stabilendo le competenze e gli iter della discussione. Nell'art. 73 si aggiunge che il Presidente della Repubblica (PdR da adesso) deve promulgare la legge entro un mese dalla sua approvazione. Nell'art. 76 si specifica inoltre che la funzione legislativa non può mai essere delegata al Governo, se non per scopi precisi e con direttive e indirizzi specifici del Parlamento.
Dalla lettura di questi cinque artt. il grillino medio trae la seguente conclusione: 
Se il potere legislativo spetta al Parlamento e se il PdR deve promulgare le leggi entro un mese, a cosa serve il Governo? Il Governo non viene mai nominato. Anzi si dice che non gli si può affidare la funzione legislativa. Quindi il Governo non serve. Quindi IL PD&PDL STANNO BLOCCANDO LO STATO! OMG GOLPE GOLPE GOMBLOTTO!!!
Sbagliato. Perché? Perché la Costituzione non si ferma all'art. 76.
Innanzitutto una premessa generale: probabilmente per colpa del sistema scolastico e di quelle ore di educazione civica che, pur essendo presenti in tutti i programmi, i professori tendono ad ignorare perché è assolutamente indispensabile che i ragazzi conoscano come e perché Manzoni andava in bagno mentre il funzionamento dello stato in cui vivono è un fattore di secondaria importanza, gli italiani non hanno ben presenti le distinzione dei poteri dello stato in esecutivo, legislativo e giudiziario.
Gli ultimi due sono di più immediata comprensione, nel senso che è facile affermare che il primo è il potere che "fa le leggi" mentre il secondo "giudica i cittadini" (ergo si impegna a farle rispettare). Vaghi e nebulosi sono invece i confini del primo potere. Che cosa fa, di fatto, l'esecutivo?
Ok, partiamo dalle basi: affinché una legge entri in vigore occorrono due fasi. La prima è compito del parlamento e tratta della formazione della legge. Il Parlamento "discute", in base ad un proprio iter, su un progetto di legge (da noi si chiama ddl, disegno di legge), apporta cambiamenti e infine lo approva tramite votazione. La seconda fase è definita "promulgazione". La legge viene "ufficializzata", in genere tramite apposizione di una o più firme delle cariche istituzionali, e resa valida. Senza tale firma la legge rimane, anche se formalmente corretta, inapplicabile in quanto non valida. Non è proprio carta straccia ma ci va vicino.
Ora, cosa dice la Costituzione Italiana sulla fase di promulgazione?
Il grillino medio si ferma all'art.73 in cui si afferma la necessità della firma del PdR. Il problema si pone negli artt. successivi che trattano delle funzioni del PdR e del Governo. Di particolare rilevanza è l'art. 89:
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio [da adesso PdC, nel testo] dei Ministri.
Si tratta del principio giuridico della "responsabilità amministrativa" unito al principio dell'irresponsabilità del PdR. In altre parole, ogni atto e provvedimento della Pubblica Amministrazione (PA da adesso) deve avere un responsabile politico (un tizio a cui dare la colpa, in pratica) e il PdR non può, per la sua stessa carica, essere responsabile di niente perché, in quanto rappresentante supremo della Nazione, deve essere sempre super partes e immune a scandali e accuse politiche (v. anche art. 90).
Se il Ministro competente e, in alcuni casi, il PdC non mettono la firma, i provvedimenti non sono validi.
Quindi il Parlamento può legiferare anche sul colore della carta igienica nelle scuole, ma finché non c'è la firma del ministro, l'atto non è valido.

Il grillino medio a questo punto resta sbalordito un attimo (quelli che sanno leggere) ma poi ha la pensata geniale "FIRMAMONTI!!!".
Da qui il salto mortale con avvitamento carpiato dei grillini, che fino a ieri volevano mandare Monti in esilio, ma che oggi lo preferiscono a un governo formato al 50% dai loro eletti.
Beh, vedendo la Lombardi, come biasimarli?
In ogni caso no, purtroppo Monti non può firmare. Perché?
Perché la Costituzione non si ferma all'art. 89 (maledetti costituenti, ma quanto scrivevano?) ma va avanti a definire poteri e qualità del governo e dei ministri.
In particolare, vorrei portare la vostra attenzione sull'art. 94, e in modo particolare sulla prima frase:
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere
Cercherò di spiegare meglio, anche se qui si entra nel territorio del "ti spiego perché la pioggia è bagnata". Il Governo si presenta alle Camere. Le Camere votano. Se il 50%+1 dei rappresentanti di ognuna delle due camere vota a favore del governo, significa che il PdC e i suoi ministri hanno la fiducia del Parlamento. Se il governo ha la fiducia, gli è consentito svolgere le funzioni che gli sono proprie.
Insomma, non basta essere un governo qualunque per firmare le leggi. Devi essere proprio il governo con la fiducia di quel parlamento che emette le leggi. Se non hai la fiducia, semplicemente non firmi.

Dopo questa affermazione, prosegue il free climbing sugli specchi, che si esprime principalmente in due obiezioni:

a) ma il governo Monti non è mai stato sfiduciato, lo ha detto anche Napolitano!
Grazie Giorgio. Stare zitto mai eh?
Ok, seguiamo la logica. Avete presente che siamo nella 17a legislatura? Bene. Sapete perché si chiama diciassettesima? Per la ragione più scontata del mondo: prima ce ne sono state altre 16.
Bene, Monti era il governo della 16a legislatura ed aveva ricevuto la fiducia da quel parlamento. Adesso siamo nella 17a e c'è un nuovo parlamento. Quindi come fa ad avere ancora la fiducia? Sono due parlamenti diversi. DI VER SI. Se avete la fiducia di Antonio, non avete automaticamente anche la fiducia di Claudio, perché Claudio e Antonio sono due persone DI VER SE.
Quella di Napolitano era solo una frase per tenere buoni i mercati. Per dire: tranquilli, non siamo in balia del vento. Abbiamo ancora un timoniere. Ma Napolitano (per fortuna) non è re e non ha il potere di cambiare la Costituzione con le sue sole parole.

b) ma il governo Monti è in regime di prorogatio!
Ok, che cos'è la prorogatio? Praticamente niente di quello dicono i grillini.
Si tratta semplicemente di un principio talmente assodato nel diritto che non esiste nemmeno uno specifico art. di legge a disciplinarlo. In pratica non si ammette, nelle strutture amministrative, il vuoto di potere. Ogni carica, al momento della cessazione del suo mandato (per dimissioni, decadenza ecc.) entra in regime di prorogatio. In pratica rappresenta il governo (del Comune, della Regione, del Paese, del Condominio), in attesa dell'elezione di un nuovo organo legittimo.
I poteri di queste figure sono limitate. Si possono occupare soltanto dell'ordinaria amministrazione e dei procedimenti di emergenza. Per ordinaria amministrazione si intendono gli atti di attuazione di provvedimenti approvati nel corso della legislatura oppure gli atti di ordinario funzionamento.
Il pagamento dei famosi 40 miliardi alle imprese è un esempio lampante del primo tipo. I debiti sono provvedimenti di spesa approvati nel corso della vecchia legislatura. Il Governo Monti può, anzi deve, provvedere affinché siano onorati anche in quella successiva. Per ordinario funzionamento si intende invece quello relativo alla macchina dello stato. Firmare provvedimenti per il pagamento dei funzionari pubblici, tanto per dirne una.
Per emergenza si intendono invece le calamità. Scoppia un terremoto in Friuli proprio mentre siamo in campagna elettorale? Non è che il governo dimissionario può lavarsene le mani. Interviene in regime di emergenza.
Ma tutto il resto (legge elettorale, reddito di cittadinanza, salvare Berlusconi dai processi, mandare Sallusti in esilio in Messico) sono provvedimenti politici, che devono essere sostenuti da una maggioranza politica e firmati da un governo dotato di fiducia come prescrive l'art. 94.
La legge elettorale non è ordinaria amministrazione. Né è emergenza, nel senso che deve sottostare all'intero iter parlamentare, comprese le discussioni in Commissione.
E qui l'ironia più grossa: Monti può firmare solo provvedimenti di emergenza che non passino di Commissione, ma i grillini sbraitano per avere le Commissioni che si occupano solo dei provvedimenti di non emergenza che Monti non può firmare.
Un circolo vizioso non da poco.

Fantapolitica


Tuttavia, ammettiamo che i parlamentari Pd impazziscano all'improvviso e accettino di fare leggi con il M5S in assenza di un governo dotato di fiducia. Siamo nella fantapolitica ma facciamo uno sforzo.

Esiste un'unica scappatoia per rendere possibile la firma di Monti: il Parlamento Pd+5* si richiama all'art. 73 e dichiara a maggioranza che la legge x (mettiamo l'ineleggibilità dei condannati) è una legge di emergenza e deve quindi saltare la discussione nelle commissioni e può essere promulgata dal governo in prorogatio.
La legge arriva sul tavolo del PdR che come garante della Costituzione ne deve giudicare l'effettiva urgenza. Se è una persona seria la rimanda indietro con una pernacchia (perfino Napolitano l'ha fatto un paio di volte con B. che pure aveva un governo legittimato). Però è anche possibile che sia uno che sta allo scherzo (mettiamo eleganno sul serio Dario Fo) e la passa a Monti per la controfirma.
Monti si rifiuta di firmare.
LOL
Faccio presente che non esiste, in Italia, alcuna legge che obblighi Caio a firmare qualcosa. Non è proprio possibile mettere Caio in una sala buia e torturarlo con le pinze roventi fino a quando non accetta di mettere mano alla penna. Del resto nessuno ha mai pensato, nemmeno nelle sue fantasie più estreme, che un PdC possa rifiutare la firma ad una legge, soprattutto perché i PdC sono espressione del Parlamento. Fino ad ora. Rifiutarsi di firmare significa che il Governo non ha più la fiducia. Ma se si arriva alla firma, significa che è già passata una legge contro il parere del governo. Quindi o sei già dimissionario perché non hai più la fiducia, oppure sei costretto a firmare per conservarla.
Solo che Monti non ha più la fiducia, quindi cosa dovrebbe costringerlo a firmare una legge che non è espressione della sua maggioranza? Se non firma cosa fai? Gli fai dare le dimissioni?
RILOL
Se vuoi puoi anche processarlo per alto tradimento (ROFL) ma resta il fatto che la firma sulla legge non c'è. Quindi la legge non è valida. E se non vuoi eleggere nessuno a sostituire Monti, significa che le leggi continueranno a non essere valide.

Ma mettiamo che Monti decida di firmare. Magari pure lui sta allo scherzo.
Cinque minuti dopo la firma, Ghedini si rivolge alla Corte Costituzionale, che ovviamente annullerà il provvedimento colpevole di almeno 4000 vizi di forma, a cominciare dalla falsa urgenza.
Una linea guida in tal senso è già stata espressa dalla magistratura amministrativa, che nel 2008 ha annullato un provvedimento dell'ex-ministro Pecoraro Scanio preso durante il periodo del governo Prodi dimissionario
(TAR Puglia, Bari, sentenza n. 996 del 22 aprile 2008).


Ite, missa est


PS. vorrei far notare che non ho detto niente riguardo al tema "fare o no le commissioni?" A norma di legge niente vieta di formarle. Anzi, il regolamento parlamentare spingerebbe per la formazione. Resta ovviamente il problema della nomina dei presidenti, vicepresidenti ecc., che sarebbe un bel casino ma comunque non insormontabile.
Quindi, per quello che vale, il mio parere è che sì, potrebbero anche fargliele fare queste commissioni. Così potranno discuterci le leggi che forse un giorno approveranno oppure potranno giocarci a tombola.
Sarebbe comunque più produttivo dell'okkupazione...

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