lunedì 14 aprile 2014

Quando c'era Berlinguer di certo non c'era Renzi

Veltroni ha fatto un film. Andare a vederlo come un bravo radical-chic di sinistra per poi criticarlo o non andare a vederlo come gli ancor più radical-chic di sinistra che lo criticano a prescindere?
Mah, sono andato a vederlo e ho pure portato mio padre, che almeno riconosce tutta la gente delle interviste perché erano dei suoi tempi.

Certo che l'attore che faceva Berlinguer recitava da Dio eh... (cit.)

Ok, mi è piaciuto. Almeno questa è la sensazione dominante. Se entri in una sala buia, segui due ore di film senza mai distrarti e ti ritrovi con i lucciconi per un tizio che è morto due anni prima della tua nascita, cos'altro puoi dire se non: mi è piaciuto?.
Quindi ok, lo ammetto, Berlinguer mi è piaciuto un casino. Il film invece mi ha fatto cagare.
ma... ma... avevi appena detto che...
Ho detto: Berlinguer mi è piaciuto. I filmati d'epoca valgono da soli il prezzo del biglietto. Il problema è tutto quello che gli sta intorno.
Le interviste: ma si può andare a prendere Gorbachev dal... - non lo so, dov'è che stanno gli statisti di fama mondiale di solito? - per fargli dire una frase? C'era bisogno di recuperare il povero Ingrao per far vedere a tutti che è praticamente un cadavere vivente, pelle e ossa? A cosa serviva? E di fronte a questo, 15 minuti di intervista all'ex vice di Craxi, che vanta l'unico pregevole merito di essere l'unico socialista dei tempi di mani-pulite a non essere finito in galera. Bella per lui, ma sticazzi?
Oppure vogliamo parlare dell'istituzionale Napolitano? Che si commuove in diretta e farebbe tanta tenerezza, se non si capisse benissimo che le lacrime sono per la propria giovinezza e per i bei tempi andati, più che per il morto che in effetti gli stava pure sul culo.
Ah c'è pure Giovanotti. Presente, credo, in qualità di amico di Veltroni. Perché se volevano un cantante, tendenzialmente di sinistra, giovane all'epoca della morte di Berlinguer, potevano intervistare anche Piero Pelù. All'incirca il periodo era quello.
Le uniche decenti erano le interviste a Silvio Finesso e ad Alberto Menichelli, rispettivamente uno degli operai della Galileo di Padova che incontrarono Berlinguer il giorno del suo ultimo comizio, e il caposcorta. Forse perché erano gli unici che effettivamente parlavano del protagonista del film, invece di passare metà del tempo a difendere il proprio passato.
La regia: ah c'era una regia? Immagini di repertorio, interviste con camera fissa, zero transizioni. Per la serie che potevo girarlo pure io questo film. Bastava avere una telecamera con cavalletto e Napolitano sulla sedia di fronte. Il montatore però è stato bravo: hanno fatto bene a inserirlo nei titoli di testa. Sì, ok, anche le domande ai ragazzi che non sanno chi era Berlinguer sono carine ed è simpatico inserirle all'inizio del film.
La voce di Servillo che legge Berlinguer: <_<
Le tematiche: qui si arriva al punto. Nel film si parla solo e soltanto del compromesso storico e di come Berlinguer voleva cambiare il PCI dandogli una fisionomia più socialdemocratica, senza rinunciare all'etichetta "comunista". Ed è giusto, senza dubbio era la parte cruciale e centrale del film, così come è stata una tematica centrale di tutta l'esperienza politica berlingueriana. Ma... il resto? Sembra quanto mai sospetto, soprattutto perché film di Veltroni, che sia presente la tendenza politica che giustifica (cioè, vabbé, facciamo finta che la giustifichi) la deriva piddina odierna e sia invece totalmente sparita l'eredità, quanto mai attuale e importante, della questione morale.
Potete cronometrarlo: sono circa tre minuti di film su quasi due ore. Tre minuti in cui si dice: "nel 1981 Berlinguer rilascia un'intervista a Scalfari sulla questione morale. Riteneva che i partiti avrebbero dovuto fare un passo indietro di fronte all'occupazione permanente delle istituzioni maaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa... adesso parliamo dell'austerità.
No scusa, un attimo, mi hai fatto ascoltare Scalfari che sproloquiava su praticamente qualsiasi argomento e non gli fai nemmeno una domanda su una delle interviste più famose della sua intera carriera giornalistica?
Un tantino sospetto eh?
Insomma, il film fa cagare. Però potete godervelo in streaming. Basta guardare le parti in bianco e nero e mandare avanti veloce tutto il resto. Vi assicuro che l'effetto sarà lo stesso.
Ma insomma, perché questo Berlinguer ti è piaciuto tanto?
Questa è una domanda che c'entra poco con il film, ma va affrontata. Sono ancora incerto ma, credo, che la risposta sia: perché era uno normale. Normale. Non ordinario, ma di una unicità poco appariscente. Non un super-uomo con la bacchetta magica per risolvere ogni situazione. Non un piazzista con lo slogan pronto. Non uno spacciatore di risposte facili. Non c'era niente di facile in quello che diceva o faceva. Era un leader sobrio, misurato e allo stesso tempo radicale. Non aveva bisogno di urlare per farti immaginare un mondo diverso. Non aveva bisogno di letigare in tv per farsi ascoltare.
Normale.
Cazzo quanto abbiamo bisogno di gente normale in questo paese.


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