mercoledì 22 maggio 2013

Fitzgerald mi fa... non incontra la mia approvazione

Quando, molti anni fa, uscì nelle sale cinematografiche l'archetipo di ogni film per bimbeminkia adolescenti (Titanic), nessuno dei maschi della mia generazione si sarebbe mai sognato che un giorno avrebbe aspettato con interesse un film con Di Caprio protagonista. Una simile ipotesi sarebbe stata vista come pura fantascienza.
Eppure da allora il giovane Leo si è dimostrato un signor attore, capace di interpretare praticamente qualsiasi ruolo in praticamente qualsiasi contesto: storici (La Maschera di Ferro; Gangs of New York), sociali (ancora mi sento male se penso al finale di Revolutionary Road) e polizieschi (The Departed, J. Edgar). Fino ad arrivare ai deliranti e onirici Inception e Shutter Island (visto fra l'altro per la prima volta in francese aka non ci capii un cazzo) e alle commedie un po' leggere ma comunque profonde tipo Prova a prendermi.
Tutto questo per stabilire il confronto "Di Caprio come Will Smith". Ovvero: quando c'è lui, al 90%, il film vale il prezzo del biglietto.
Da qui la mia parziale delusione per i risultati non certo eccelsi de "Il grande Gatsby", visto nella serata di sabato in una multisala della Toscana meridionale(1).

Un po' come Berlusconi: tranne che lui muore giovane (ndr.)
La trama: Anno 1922, Long Island, New York, USA. Siamo nel pieno degli "anni rombanti". Il capitalismo americano festeggia il boom economico con spericolate operazioni finanziarie, corse automobilistiche e feste da sogno. Tutti sono diventati ricchi o pensano di diventarlo a breve o fanno finta di pensarlo. Chi ha i soldi li spende in donne e alcol. Chi non li ha, acquista donne e alcol di qualità inferiore. Ci sono talmente tanti borghesucci arricchiti e cafoni con ancora la merda delle vacche dietro le orecchie divenuti milionari che un giocatore di Polo di successo (Tom Buchanan aka Joel Edgerton) in confronto sembra un membro dell'aristocrazia terriera francese del XVII secolo. Se l'aristocrazia francese del XVII secolo avesse speso metà del suo tempo in amori extraconiugali e alcol(2).
Insomma Tom Buchanan è ricco, campione di polo, ha l'amante ed è pure sposato con Carey Mulligan (Daisy). Tutti buoni motivi per farcelo prendere in antipatia. In questo contesto giunge il cugino di Daisy, Peter Parker Nick Carraway, consulente di borsa a Wall Street in cerca di elevazione sociale.
La vita del giovane Nick procede tranquilla fino a quando non gli arriva l'invito ad una festa. A sua insaputa ha infatti affittato casa accanto alla gigantesca e bizzarra dimora di Jay Gatsby (Leonardo Di Caprio), misterioso uomo d'affari al centro della vita mondana di New York. Cosa vorrà da lui l'eccentrico milionario?
Spoiler:
In poche parole: Jay Gatsby nasce povero. Adolescente fugge di casa e si trova per pura fortuna a salvare la vita di un miliardario appassionato di vela. Quasi adottato dal vecchio scapolo, entra in contatto con il bel mondo, viaggia in Europa e viene educato come un gentiluomo. Tornato in Usa alla morte del mecenate conosce Daisy e si innamora di lei. Quindi parte per la seconda guerra mondiale e quando il conflitto finisce resta in Europa per fare fortuna chiedendo all'amata di aspettarlo. Lei col cavolo che lo aspetta e sposa il giocatore di polo. Jay entra quindi in qualche giro losco (non viene spiegato quale ma sembra una cosa a metà strada tra la mafia corleonese e le speculazioni bancarie), diventa ricco e torna a New York deciso a riconquistare Daisy attirandola in un vortice di feste e bella vita. L'occasione d'oro gli viene offerta dalla comparsa di Nick quale sua improbabile vicino di casa.

Cosa ci è piaciuto: la fotografia è curatissima. Il film brilla di colori sgargianti, effetti scenici e trovate spettacolari. Tutto quello che ha a che fare con le immagini è una gioia per gli occhi.

Cosa ci è piaciuto poco: praticamente tutto il resto, che vado a descrivere per punti.
1) La trama è trattata con una superficialità quasi imbarazzante. Il mistero che si cela dietro la figura di Gatsby svelato in fretta e con pochissima enfasi. L'apice del WTF? si raggiunge praticamente al minuto 10 quando Nick, dopo aver girato per ore per la festa del vicino di casa chiedendo praticamente a chiunque (camerieri compresi) chi fosse Gatsby e ricevendo immancabilmente la risposta "boh, mai visto, è una figura misteriosa" si sente battere la mano sulla spalla e appare Di Caprio col sorriso sulle labbra a dirgli "ehi sono Gatsby".
Eh beh.
Da quel momento tutti conoscono la faccia di Gatsby e tutti hanno storie più o meno verosimili da raccontare sul suo conto. L'istante prima sembra una figura evanescente tanto che qualcuno si chiede se veramente esista un Gatsby o se è soltanto un nome fasullo affibbiato allo spirito della festa. L'istante dopo tutti possono disegnarne il ritratto.
2) Le voci narranti sono quasi sempre quanto meno fastidiose. Distraggono lo spettatore e lo allontanano dal suo scopo principale, vedere la storia, sostituendolo con un surrogato, farsela raccontare. A volte sono scelte stilistiche giustificate. In questo film sono semplicemente pigrizia. Un po' lo capisco, Luhrmann. Dopotutto aveva già Di Caprio nel cast. Sapeva che tutti sarebbero comunque andati a vedere il film. Quindi perché stare a sbattersi per escogitare una struttura complessa, con finti e veri flashback per illustrarci le varie versioni possibili del passato di Gatsby, quando poteva semplicemente "farcelo raccontare" dai vari attori? Perché farci vedere l'amore rinato tra Jay e Daisy quando lo può benissimo descrivere l'amichevole ragno di quartiere?
Ok, tutto bellissimo. Solo che, Luhrmann, con tutto l'affetto del mondo, così il tuo film FA CAGARE.
Seriamente, esiste un singolo essere umano su questa terra che trovi piacevole andare ad ascoltare il doppiatore italiano di Spiderman mentre racconta la storia di un romanzo di Fitzgerald?
3) Tobey Maguire.
Boh. Ma proprio boh. Assente, fuori posto, ridicolo. Quando va proprio bene, può essere definito superfluo. Un po' perché Maguire recita Nick Carraway con le stesse espressioni, lo stesso atteggiamento e la stessa personalità dimessa e fuori dal mondo con cui recitava Peter Parker(3). Un po' perché quello che può funzionare in un libro, ovvero avere un personaggio fantoccio che viva nel romanzo in modo da essere occhio e voce narrante della storia per conto dell'autore, non può funzionare in un film. Nick che segue Jay e Daisy nella visita alla casa di lui non sembra uno chaperon garbato ed elegante funzionale alla narrazione della storia, sembra un guardone pronto a partecipare a un triangolo. Con la cugina, fra l'altro.

Cosa si salva: Di Caprio ne esce con la dignità intatta. Cosa non scontata visto il disastro che lo circonda. Pure il giocatore di polo se la cava abbastanza bene.

Conclusioni: 6
Si becca la sufficienza proprio per il rotto della cuffia. Se siete donne potete alzare il voto a 7, considerando che il Di Caprio bagnato dalla pioggia sembra riscuotere un certo successo.

ps. film a parte, la storia non mi è piaciuta. Francamente non vedo proprio perché dovrei appassionarmi alle avventure un po' festaiole e un po' no di un poveraccio che fa di tutto per diventare ricco e per essere accettato in un mondo di snobisti arroganti e cafoni, soffrendo perché non riesce a farsi chiamare "gentiluomo(4)" dal tizio che tradisce la moglie un giorno sì e l'altro pure. La frase citazione del libro, all'incirca "loro sono tutti marci, vali più tu da solo di tutti loro", arriva nel momento sbagliato e non sembra nemmeno tanto azzeccata. Ok, Jay ha più cervello, si veste meglio, ha pure più stile. E quindi? In cosa sarebbe diverso da tutti gli altri stronzi?
Boh. Il film di sicuro non lo spiega. Magari bisognerebbe aver letto il libro. Solo che a me Fitzgerald fa... insomma, il suo modo di scrivere non incontra la mia approvazione. Quindi resterò con il dubbio.

(1) Il Clev village di Chiusi. Approfitto dell'occasione per denunciare lo scandalo di un cinema che tiene il suo pubblico pagante (8 euro, mica spiccioli) ad aspettare un film per mezz'ora (dalle 8 e mezzo alle 9 di orologio) facendogli vedere: a. spot del macellaio sotto casa; b. pubblicità dei monopoli di stato in favore del gioco; c. altre pubblicità varie ed eventuali; d. due, massimo 3 trailer di altri film, tipo 5 minuti su 30. Insomma, se volevo vedere la televisione me ne stavo a casa e auguro ai padroni del cinema di finire in un girone infernale dove la punizione consista nel vedere per l'eternità la pubblicità del tizio che si sveglia per fare colazione al Mulino Bianco.
(2) Infatti l'aristocrazia francese del XVII secolo dedicava all'alcol e agli amori extraconiugali fino all'80% della propria vita. Il 20% restante era equamente diviso tra la caccia e il far guerra all'Inghilterra per un qualsiasi motivo random.
(3) Seriamente, è difficile guardarlo senza aspettarsi che, da un momento all'altro, si metta a scalare un grattacielo o usi il lanciaragnatele per accecare qualcuno...
(4) Tenete presente che siamo negli Stati Uniti della prima metà del '900. Per essere considerati "gentiluomini" basta saper usare coltello e forchetta e per essere definiti "di antica famiglia" è sufficiente ricordarsi il nome del proprio bisnonno. Dal 1950 ad oggi la situazione è cambiata. Non serve più saper usare coltello e forchetta.

2 commenti:

  1. Quoto in toto, e ti sei risparmiato non commentando le musiche aberranti.

    Ho sinceramente temuto che nel bel mezzo della festa partisse un pezzo di skrillex.

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    1. http://www.youtube.com/watch?v=O9xKZPd4w3A

      ^per non dimenticare...

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