giovedì 10 gennaio 2013

3,14

Il titolo del post vi dice niente?
...
...
Proprio niente?
...
...
Sicuri?


Tranquilli, è normale. Se invece avete indovinato subito che volevo parlarvi del film "Vita di Pi", significa che lo avete già visto. Quindi è inutile che continuate a leggere.
Per tutti gli altri, tirate fuori il vostro amore per gli animali e seguitemi in questa recensione:

La scena più traumatica dai tempi della mamma di Bambi (ndr.)

Il film non si presentava benissimo. Intanto era girato in India. Cosa che evoca alle menti più stereotipate (tipo la mia) l'immagine di tizi vestiti con tuniche strane che ogni tanto si mettono a ballare e a cantare per le ragioni più incomprensibili.
Ang Lee del resto non è una garanzia. Soprattutto per chi (come me) non è rimasto affatto impressionato dai Segreti di BBM e che, nonostante sia pronto a tifare per qualsiasi cosa comporti assurdi duelli a mezz'aria con katane e coltelli, continui a rimproverare l'assoluta mancanza di una trama coerente a "La Tigre e il Dragone".
E vogliamo parlare del fatto che fosse tratto dal libro di uno scrittore canadese? Brrrr...
E vogliamo parlare del fatto che è pieno di animali? Cos'è per vedere un documentario adesso devo andare al cinema?
E e e e... E invece, cavolo, è bello.

Trama: uno scrittore canadese con il blocco dello scrittore incontra un ex maestro di nuoto indiano, che gli promette di fargli ascoltare una storia in grado di far credere in Dio.
Con queste premesse, viene introdotta la voce narrante di Piscine Molitor Patel (chiamato così in onore della Piscina Molitor di Parigie e abbreviato in Pi per evitare di essere chiamato Piscione dai compagni di scuola).
La prima parte del film procede leggera, con toni al confine tra la descrizione nostalgica degli ambienti di Radio Days (se Radio Days fosse ambientato nella Pondichery francese) e l'irrealtà di un Big Fish. Per chiunque non avesse letto la trama (tipo me) l'aspettativa andava sempre più orientandosi verso il classico film di formazione con morale dickensiana alla fine.
Invece la mazzata. La nave con cui l'intera famiglia di Pi si sta trasferendo in America incappa in una tempesta e affonda, lasciando il ragazzo naufrago su una scialuppa in compagnia di una scimmia, di una zebra ferita, di una iena e di una tigre di nome Richard Parker.
Ah, non vi avevo detto che i genitori di Pi avevano uno zoo?

Commento: non vi fate ingannare dalla situazione favolistica. In questo film si ride molto poco (e quel poco con amarezza). La commozione la fa da padrone, anche perché Ang Lee ha incluso delle scene paragonabili per crudezza solo alla morte della mamma di Bambi.
Il tutto unito a delle ambientazioni assolutamente straordinarie (e ve lo dice uno che non impazzisce per i film marinareschi) e ad un senso di meraviglia costante.
Quanto poi sia valida la metafora/morale conclusiva resta discutibile, soprattutto per la vicinanza eccessiva alla scommessa di Pascal, ma sceneggiatura e recitazione valgono un po' di filosofia spicciola.

Da vedere.

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