venerdì 29 maggio 2015

Announo: come rendere evidente la crescita delle branchie

Per tutti quelli che se la fossero persa, ieri sera c'era la puntata di Announo dedicata ai problemi della rete aka "Moige2.0vsRestodelmondo". Nel caso foste estremamente masochisti, potete anche riguardarvela in streaming

Quello di cui vorrei parlare in questo spazio non è la trasmissione in sé. Del resto se, vantandoti di fare informazione, inviti a parlare Belen Rodriguez, Alba Parietti e Antonio Di Pietro (sì, Di Pietro esiste ancora), mi sembra abbastanza chiaro che esplorare le dinamiche del web non sia esattamente una tua priorità. Quindi è abbastanza ridicolo scandalizzarsi perché tocca assistere a una discussione che in confronto "io e mia madre che si lamenta perché rispondo su whatsapp mentre le parlo" sembra una disamina della filosofia hegeliana, invece che a una pacata riflessione sulle problematiche della comunicazione e sui cambiamenti sociali in corso.
Quindi di cosa voglio parlare, se l'obiettivo del post non è mettere in evidenza (che già è evidente da sola) la drammatica incompetenza e la volontà di tirar su un trash-talk che tanto se si parla male di qualcosa fai comunque tanti click perché tutti i bimbiminkia del mondo vengono a insultarti?
Vorrei parlare del cambiamento antropologico in atto, visto che qualcuno lo deve pur fare e visto che mi sento leggermente più qualificato di Alba Parietti per parlarne. E non perché io lo sia, ma perché chiunque sarebbe più qualificato di Alba Parietti, per non parlare di Di Pietro.

Quindi, il punto fondamentale della discussione di ieri sera, e di cui vorrei parlare, riguarda a mio avviso la dipendenza. "Dipendenza da internet" è una definizione abbastanza interessante perché tratta un punto che non è ancora stato esplorato a sufficienza, soprattutto perché nessuno ha mai avuto voglia di farlo. Quando si è dipendenti da Internet o dagli smartphone o dal pc?

Se prendiamo lo psicologo della trasmissione come pietra di paragone del "pensiero ufficiale" delle vecchie generazioni, la risposta viene data in termini prettamente quantitativi. Se passi su internet x ore al giorno, se apri lo smartphone o controlli i messaggi x volte al giorno, sei chiaramente dipendente. Ovviamente x viene determinato in base a la "giusta quantità di x" dove "giusta" equivale a "lo decido io perché sono psicologo". Se esaminiamo invece la situazione guardandola con gli occhi del tipo in possesso dello smartphone, che ha pure consentito a farsi installare una app sul telefono che conta il numero di accessi, il problema non appare evidente. Il tizio ha smesso di nutrirsi per stare di più su internet? Ha smesso di frequentare i coetanei? Ha smesso di andare a fare la spesa? Scopa di meno? Non si sa. In assenza di dichiarazioni in tema, credo si debba presumere che nessuna delle sue attività "ordinarie" sia stata negativamente influenzata dall'uso di whatsapp. Uno strano tipo di dipendenza.
Questo non significa che di per sé la dipendenza non esista. Significa che si sta cercando di ridurre un intero cambiamento di paradigma a "questi ggiovani stanno sempre con la testa sul telefono e non hanno più relazioni vere".

Real Life

Scolpitevi in mente queste due parole perché sono alla base dell'equivoco che viviamo. La mia fortuna, la fortuna di essere nati negli anni '80-'90 è quella di poter comprendere il cambiamento. La mia generazione non è nata con internet, non siamo "nativi digitali", noi siamo quelli che hanno visto il cambiamento. Che hanno vissuto il cambiamento e ci sono balzati sopra mentre avveniva. Noi siamo la generazione che ha visto nascere e che probabilmente vedrà morire la Real Life.
Di cosa sto parlando? Cerco di spiegarmi meglio, anche se a un certo punto probabilmente vi sembrerò Casaleggio che parla dei rettiliani.
Pensate a una città in riva al mare. Succede, un giorno, che nasce la singolarità. Un singolo individuo impara a respirare sott'acqua e si mette ad esplorare l'oceano. Nel giro di pochi anni insegna ad altri fino a formare piccole comunità. All'inizio nessuno si accorge di loro. Sono strani, sono diversi, eccentrici. Solo che con il passare del tempo il numero cresce. Sono tutti giovanissimi e a tutti piace stare tanto tempo sott'acqua. I loro anziani cercano di stargli dietro. Si addentrano un po' in mare, magari qualcuno impara anche a farsi crescere le branchie. Però non si sentono a casa. E' difficile per loro vivere in mare, quindi inventano la Real Life. La vita reale. Sì, certo, il mare è una bella cosa. Può essere utile e ci si sta anche bene, ma è solo una cosa finta. Non ci si fa quello che si fa qui. Non è così importante. E' una second life al massimo, ma non è vera. La vita vera è quella che viviamo qui, sulla terraferma.
Così si definisce l'inadeguatezza di una generazione. Quando non si riesce a star dietro al cambiamento, quello che cambia viene sminuito, reso ininfluente. Dal punto di vista di chi nasce con le branchie, la posizione di quegli strani esseri che vivono solo sulla terra è incomprensibile. Vita vera? Vita falsa? Se respiri benissimo sia in acqua che fuori, perché quello che sta in acqua dovrebbe essere "meno vero"? Rispetto a cosa? Si tratta semplicemente di un'altro posto.

Cosa voglio dire? Quello che sto cercando di spiegare, in modo sicuramente inadeguato, è che stiamo vedendo una nuova specie di esseri umani dotati di branchie e stiamo considerando il loro stare sott'acqua come un qualcosa di patologico.
Pensateci un attimo, fondamentalmente, cos'è Internet? Cos'è uno smartphone? Di Pietro lo considera un mezzo di comunicazione. Ovvio, per uno che considera ancora la mail come "una lettera, solo che ora non viene mandata con il cavallo mentre nel far west sì". Quello a cui proprio non arrivano Alba Parietti&C. è che in realtà Internet è una vera e propria espansione delle capacità umane. Immaginatevi degli esseri in grado di comunicare istantaneamente a migliaia di chilometri di distanza, indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Capaci di avere accesso immediato e senza alcuno sforzo a milioni di informazioni. Come lo chiamate questo? Dipendenza? Io lo chiamo upgrade. Miglioramento.
Chiedere a un nativo digitale di stare senza il telefono perché ne è dipendente, è esattamente come chiedere a voi di fare a meno della mano sinistra. Beh? Non la usate tutto il giorno? Tantissime ore al giorno e per fare qualsiasi cosa. Non vi sembra di essere dipendenti dalla vostra mano sinistra? Non potete forse farne a meno? Ci sono tantissimi monchi in giro che se la cavano benissimo senza la mano sinistra. State due mesi senza usarla. Legatevela dietro la schiena. Tornate sani!

Per questo non ci capiamo quando parliamo di web. Loro parlano delle branchie senza averle. Per loro sono un tumore, un'escrescenza maligna. Per noi sono parte del nostro essere.
E già il fatto che stia parlando di Noi e Loro vi dovrebbe dare l'idea di quanto sia schifato da questa situazione. Non sta cambiando niente. Siamo ancora uomini e tutti i nostri problemi, compresi i ragazzini che si suicidano perché vengono insultati su Ask, dipendono dal nostro essere uomini. In altre parole: siamo degli stronzi. E mi spiace per tutte le mamme italiane ma è necessario chiarirlo: una notevole percentuale dei vostri figli, durante l'adolescenza, è composta da selvaggi che le SS in confronto farebbero un figurone. E la vostra incompetenza nell'uso del web non fa altro che lasciargli uno spazio di libertà immenso in cui essere quello che sono: degli stronzi. Ma questo non dipende dal web, dipende dall'uomo.
Contemporaneamente sta cambiando tutto. Quello che so, è che il cambiamento non può mai essere fermato, solo indirizzato, guidato. Si può renderlo accettabile e sicuro per tutti, oppure esserne distrutti. Si tratta di evoluzione. E dal punto di vista dell'evoluzione, chi può accedere a Google maps ha un vantaggio notevole su chi non può.

Abituatevi all'idea. 

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