martedì 15 ottobre 2013

Andata e ritorno, 4 giorni nel mondo della scuola

C'era una volta un giovane laureato in lettere di belle speranze, moderatamente convinto di voler fare l'insegnante. C'era una volta una graduatoria di terza fascia a cui si era iscritto ma di cui non aveva più avuto notizie per quasi due anni.
Un giorno, giunsero mail da scuole vicine e lontane. Supplenti cercavano e al più presto. Lo sciagurato rispose.

Eccomi dunque, reduce di quattro giorni di insegnamento alle medie.
Sono vivo. E' già un buon risultato.
Mi rendo conto però che non è un commento adeguato all'occasione e cercherò quindi di essere più specifico. Il problema è che non ho ancora deciso cosa pensarne. Certamente non è stato come me lo aspettavo. Oddio un po' sì. E un po' no. Insomma. Decisamente i miei allievi di prima e terza mi hanno tolto gran parte del romanticismo che prima aleggiava intorno alla figura del prof. Dall'altra no.
Insomma. Ma andiamo per gradi.

1) Il primo stadio è quanto mai facile da riconoscere. Si tratta del terrore assoluto. Pensate di potervi anche solo lontanamente immaginare cosa significa entrare in una classe, chiudersi la porta alle spalle e trovarsi improvvisamente da soli con (in media) 25 ragazzini di cui non conoscete nemmeno il nome e dover fargli fare delle cose?
Ok no. Fidatevi. Perché io pensavo di potermelo immaginare e no, non è stato affatto come pensavo. Aggiungeteci un'insegnante di sostegno che vi accoglie dicendovi: "ok, io allora vado, se vuole può iniziare a spiegare il complemento predicativo dell'oggetto, sono arrivati lì".
"Certo, cominciamo subito. Peccato che mi hanno chiamato alle 9 di questa mattina per entrare alle 10 e l'ultima volta che ho sentito parlare di quel complemento o dell'analisi logica in generale è stato tipo, boh, 15 anni fa, quando ero alle medie pure io?"
Ovviamente la parte in corsivo è rimasta non detta.
Il secondo muro con cui ci si scontra è quello del numero. Le classi italiane sono in media di 25 persone. Spesso la media è precisa. Nel senso che non esistono paradisiaci istituti scolastici, benedetti da San Crispino, in cui ci sono classi da 15 studenti e altri simili a bolge infernali che ammassano 40 ragazzi nella stessa stanza. No, all'incirca le classe sono tutte intorno ai 25 studenti. Questo spiega perché la scuola italiana faccia praticamente tutta un po' schifo.
Seriamente, è impossibile lavorare in modo accurato con 25 persone a cui badare. Anche nella migliore delle ipotesi, quella in cui tutti sono attenti e seguono, se fai una domanda a un tizio in prima fila, per quel giorno con lui hai finito. Stop. Ci sono tutti gli altri a cui badare e prima che tu abbia terminato di fare il giro la lezione è finita. Inviterei caldamente tutti i fautori dell'insegnante unico a stare un'ora in una qualsiasi classe di 25 alunni. Vi assicuro che non solo cambieranno opinione ma saranno pronti ad autotassarsi per finanziare la scuola.
Questo quando ci sono le condizioni ottimali. Solo che sei un supplente. Quindi le condizioni ottimali non ci saranno a prescindere. Solo che in ogni classe ci sono almeno 2/3 alunni che dovrebbero essere seguiti da un'insegnante di sostegno perché hanno:
a. deficit di apprendimento;
b. iperattività a livelli patologici;
c. deficit di altro tipo che non so catalogare perché non è il mio mestiere ma... beh, quando fanno il verso della gallina o la sirena dell'ambulanza ogni 3 minuti e mezzo, secondo me qualche problemino di fondo c'è;
d. passato con vandalismo generico (alle medie eh);
e. problemi di comprensione linguistica;
f. tutte queste cose insieme;
E ovviamente di insegnanti di sostegno ce n'è una sola per TUTTA la scuola che, non possedendo il dono dell'ubiquità, può passare il suo tempo solo in una classe alla volta (se c'è una giustizia dopo la morte credo che le ultime due ministre dell'istruzione M&G verranno rinchiuse per l'eternità in una classe che abbia solo allievi "di un certo tipo").
Quindi? Quindi casino e depressione. Fine del primo giorno.

2) La seconda fase è quella della resistenza. Ok, sei entrato nella gabbia del leone e ne sei uscito. Ti ha un po' mordicchiato oppure, peggio ancora, ti ha ignorato del tutto, però cavolo, poteva andare peggio. Ti sei pagato l'università servendo la cena a burini in trasferta che mettevano il parmigiano sulla pizza, mica ti puoi arrendere di fronte a dei tredicenni.
Quindi torni preparato. Hai due bottigliette d'acqua da mezzo litro (come cavolo facevano i miei docenti a fare lezione senza mai bere un goccio?). Ti sei consultato con la prof in malattia, ti sei preparato sui loro programmi. Ti sei rivisto tutta l'analisi logica dalla A di "apposizione" alla Z di "zio cane quanto è inutile il complemento di materia" e sei pronto all'azione.
Urti contro il muro del disinteresse e della nullafacenza. Nel senso che potresti fargli anche una lezione su Rocco e Sasha e non ti cagherebbero comunque di striscio per partito preso.
E poi il CASINO COLOSSALE che riescono a fare. Quel casino infido in cui non si sente a un metro ma comunque non c'è nessuno che parli a voce così alta da potergli urlare contro di stare zitto. Quel casino che ti fa capire perché a volte i tuoi insegnanti avevano lo sguardo un po' folle di chi si sta chiedendo se la Convenzione di Ginevra si applichi o meno all'interno degli istituti scolastici.

3) Il terzo stadio è quello dell'accettazione. Sei un supplente, non ti considereranno comunque. Quindi di certo non incidi ma non puoi nemmeno fare grossi danni. Questo ti fa sentire un po' meglio. Cominci a divertirti un po' e a vedere i lati belli. Tipo che quelli di prima fanno a gara per leggere. Mica male. E poi una ragazza di terza si è fatta spiegare come funzionano i dazi e cos'è il protezionismo. C'è speranza per il genere umano.

Quindi si arriva alla fine. Te ne vai un po' insoddisfatto ma un po' più conscio di quello che sei e di quello che vorresti fare. E' un lavoro. Lati belli, lati brutti. Va studiato.
Insomma, si può riprovare. Prima però mi devo far passare la tosse.

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