Il Sanremo di quest'anno è speciale. Intanto è finito il regno dell'Oscuro Signore dei Sith Amadeus, che è durato più della pandemia di Covid. Poi sembra che il festival abbia raggiunto lo share record del 74%. Poi ci sono io che ne ho visto addirittura mezz'ora in diretta, dalle 9 alle 10 e 10 della prima sera. Quindi urge la classifica.
Le regole sono sempre le stesse:
- le canzoni vengono riascoltate tutte una sola volta in ordine inverso;
- i voti sono su base decimale e non hanno nessuna attinenza con la realtà o con la storia della musica al di fuori di Sanremo 2025;
- i parimerito esistono e sono parte fondante di questi post;
- il mio giudizio è l'unico vero e insindacabile al 95%, statistica cerficata.
Andiamo (diosanto 29 canzoni -.-)
18) Serena Brancale - Anema e core : 4+
Mi scuso personalmente col pubblico argentino, con tutti gli elettori all'estero e pure con i commentatori di youtube che italia merda questa canzone spaccherebbe all'eurovision. Sicuramente c'avete ragione voi. Decisamente troppo avanti per il pubblico medio italiano. Mi schiero nella medietà.
17) Tony Effe - Damme 'na mano : 4,5
Per me sul "sono pronto a sbagliare come un'uomo d'onore" potremmo tranquillamente passare alla prossima canzone. E sinceramente non me ne frega un cazzo se non intendeva quello. Poi personalmente il neomelodico napoletano ripassato in padella a Roma mi farebbe anche simpatia ma forse anche no.
16) Clara - Febbre: 5--
L'utilizzo di onomatopee e parole troncate alla cazzo che distruggono ogni musicalità, che pure ogni tanto sarebbe presente, la classifica ampiamente come canzone della gen Z. E vorrei tanto sapere chi cazzo ha detto je t'aime a Clara Soccini, cresciuta a Travedona Monate in provincia di Pavia. In assenza di una conferma biografica di un amore francese assegno un 5-- d'ufficio.
15) Massimo Ranieri - Tra le mani un cuore 5
Ammetto il mio bias: Ranieri che arriva nel 2025 a Sanremo con una canzone così prettamente sanremese, come se niente fosse cambiato nell'ultimo quarto di secolo e non ci fosse Tony Effe due camerini accanto, a me un po' di tenerezza la fa. Per questo mi lascio trasportare dalla nostalgia a quando ero bambino e Sanremo si vedeva tutti assieme sul divano davanti alla tv a tubo catodico.
Comunque la canzone fa cacare.
14) Modà - Non ti dimentico - 5+
Madonna che cringe. Voglio dire, in questo blog diamo sempre punti bonus a chi inserisce roba tipo "un quadro di Kandinsky" nel testo e le storie di rotture muovono sempre a compassione, però anche meno. C'era talmente tanta enfasi in sta canzone che si rischiava di scivolarci sopra. Però Francé daje, siamo contenti che adesso stai meglio.
14) Marcella Bella - Pelle diamante : 5+
Qua sovverto fieramente la classifica. Nel senso, questa canzone fa cacare quanto quella di Ranieri e in un certo senso è altrettanto straordinariamente fuori tempo. Però, nel suo essere così anni '80, acquisisce un valore quasi archeologico. In più è evidente che alla Marcella andava di fare sta cosa e se ne è sbattuta ampiamente di chiunque gli dicesse (ampiamente a ragione) "ma sei sicura?". Non gli do la sufficienza ma la quasi salvo.
14) Gaia - Chiamo io, chiami tu : 5+
Sono ampiamente sicuro che esiste una vecchia canzone molto bella in cui una lei aspetta una telefonata e non sa se chiamare a sua volta e allora chi vincerà? Ce l'ho sulla punta della lingua e potrei quasi canticchiarla ma il ritornello di Gaia me l'ha abrasa dal cervello. Non potendo spendere una giornata per trovare il corrispettivo bello di sta roba per fare il confronto gli do la quasi sufficienza perché mi piace la voce. Il motivo per cui i cantanti nel 2025 non usino il loro cazzo di cognome rimane comunque un mistero.
13) Rkomi - Il ritmo delle cose : 5,5
Allora, il ritornello fa cacare. Però per quanto riguarda il testo c'è ampiamente di peggio. Si parla di merda d'artista, si citano le macchie di Rorschach. In un mondo in cui per andare a Sanremo basta inserire una rima baciata ogni due strofe, il buon Mirko ci ha provato. Io la quasi sufficienza la metto.
13) Sarah Toscano - Amarcord :5,5
Ci sono canzoni estremamente sanremesi che non hanno niente per distinguersi in negativo e quindi veleggiano naturalmente verso la sufficienza. Il problema è quando non hanno niente per distinguersi del tutto e ti annoiano nell'istante stesso in cui iniziano. E questa è la triste storia di Amarcord. Ma Sarah è giovane, ha il cognome, farà meglio la prossima volta.
12) Joan Thiele - Eco : 6-
Mi piace la chitarra. Odio il modo in cui canta. Mi piace circa il testo ma "bang bang woo" mi ha abbastanza devastato. È andata vicinissima alla sufficienza. Ma vicino conta solo a bocce.
12) Shablo feat Guè, Joshua e Tormento - La mia parola 6-
Il ritornello è carino e in radio andrà fortissimo. E qui finiscono i complimenti e in realtà anche la canzone. Ed è inutile che mi raccontiate di quanto sia bello il pezzo hip hop a Sanremo, hanno usato 5 parole inglesi (stop, top, flow, block, hot, goat) per chiudere i primi cazzo di 5 versi. Versi che sarebbero banali e stra-abusati pure se cantassero in inglese.
11) Francesca Michielin - Fango in paradiso : 6
Ecco, qui entriamo nel settore delle canzone inoffensive propriamente dette. Letteralmente. Nel senso che non offendono. Non sono brutte, non sono belle. Sono lì, con un testo dimenticabile e un ritornello quasi passabile. Questa canzone esiste. Ne sentivamo il bisogno? Probabilmente no, ma c'è.
11) The Kolors - Tu con chi fai l'amore : 6
Si salvano dalla noia pura solo perché ha un bel ritmo. Solo che febbraio è un po' prestino per la canzone dell'estate. Le spiagge sono ancora chiuse.
10) Rose Villain - Fuorilegge : 6+
Sono costretto a dare più della sufficienza perché c'è oggettivamente molto di peggio e mi piace la voce. Per rimanere in tema con la canzone, spero comunque le diano 5 anni di galera senza condizionale per quel balletto di merda.
10) Elodie - Dimenticarsi alle 7 : 6+
Quando decide di cantare ha effettivamente una bellissima voce. Però mi ha annoiato a morte. A suo favore si può dire che almeno non ha messo un balletto del cazzo mentre c'è il ritornello.
9) Noemi - Se t'innamori muori : 6,5
Vi dirò, questa mi ha mosso qualcosa. Sarà quella malinconia da storia alla fine che un po' ti fa pensare a La canzone dell'amore perduto e quando ti ci fa pensare ti ricordi perché De Andrè è De Andrè e perché Noemi è Noemi. Famo che gli diamo un sei e mezzo ed è andata benissimo così eh.
9) Coma_Cose - Cuoricini : 6,5
1) dire "al giorno d'oggi una canzone dura quanto un temporale" non ha un cazzo di senso. Un temporale estivo magari ma un temporale e basta dura tanto.
2) sta roba incarna quanto di peggio esista nel panorama musicale italiano, nel senso che è una canzone programmaticamente creata per stare sui social ed essere canticchiata dalla fascia femminile 30-50.
3) Coma_Cose sono chiaramente servi del Void e del Caos primigenio e vanno fermati.
Mi spiace di non poter dare meno ma il balletto di Rose Villain funge da barriera mistica attorno al 6+.
8) Irama - Lentamente : 7--
Un altro Sanremo è passato insieme a un'altra canzone mediocrissima di Irama che in qualche modo arriva in top 10. Sarà che la prima sera si è messo la giacca con le spalline da ufficiale napoleonico. Sarà che ha l'aria patita da vampiro della Rice. Sarà l'acqua, sarà la macchinetta, sarà il caffè. Io posso solo riscrivere mezzi voti per dargli un 7-
Sta roba è una lagna ma non ha la malvagità implicita di Cuoricini.
8) Francesco Gabbani - Viva la vita : 7--
Parlando di gente che inspiegabilmente è in top 10 (soprattutto in una classifica che non comprenda i parimerito), abbiamo Gabbani con un pezzo che fa il cosplay di Albano. Dopotutto lui inizia a invecchiare e Trump prometto ogni giorno la pace in Ucraina. Il mercato russo avrà bisogno di cantanti italiani non appena toglieremo le sanzioni. Posizionamento furbo in prospettiva futura.
7) Fedez - Battito : 7-
Sinceramente, a livello puramente musicale non mi spiace neanche tantissimo e ci sono alcune buone intuizioni. Per quanto possa stare antipatico, Fedez il suo lavoro lo sa pure fare. Però sta saga eterna dei Ferragnez c'avrebbe pure rotto tre quarti di cazzo. Ma non poteva fa una canzone, boh, sulla pizza? La pizza piace a tutti, è altrettanto nazionalpopolare e non ti costringe a metterti le lentine a contatto nere sugli occhi.
6) Rocco Hunt - Mille vote ancora : 7
Allora, a me piace. Grande fan del dialetto napoletano in musica. Anche perché capisco solo il senso generale e non posso giudicare troppo negativamente il testo. Le tematiche sono abbastanza interessanti. Però "vote" vuol dire proprio "volte". E pronuncia anche un po' la "l" mentre canta. Quindi perché cazzo lo scrivi così? Non lo so, sta roba mi triggera troppo e fa perdere a Rocco un quarto di punto. Comunque carina dai.
6) Simone Cristicchi - Quando sarai piccola : 7
Non posso dare 7- perché non è Irama. Non posso dare 7+ perché è come se il testo fosse stato scritto a quattro mani con Gramellini. Seriamente: la tematica è sentitissima, il modo lacrima strappa storia con cui viene trattata è al limite dell'offensivo e anche un po' volgare. Sono sicurissimo che Cristicchi abbia cercato di fare del suo meglio perché è una persona seria. Non credo ci sia riuscito.
5) Bresh - La tana del granchio : 7+
Un po' paracula. Un po' tanto paracula. Nel senso che il testo non vuol dire quasi un cazzo ma le immagini sono molto carine. Also mi piace tantissimo la musica. È all'insegna dello zero sbatti ma ha bricioli di ispirazione dentro. Bella.
5) Giorgia - La cura per me : 7+
Diciamo una cosa, Giorgia ha oggettivamente un vantaggio sleale sul normale frequentatore del palco di Sanremo: è effettivamente una cantante. Nel senso che nei primi 30 secondi ti dici "oh wow, ma questa è davvero del mestiere!". Poi ha lo svantaggio che le hanno scritto due canzoni belle in un quarto di secolo di carriera. E questa non è una delle due. Sorry.
4) Lucio Corsi - Volevo essere un duro : 7,5
A persone di cui apprezzo il parere è piaciuta tantissimo. A me no. Carina, molto carina. Mi fa venire in mente un Tricarico che però a me non è che abbia mai fatto impazzire. Nel testo la retorica è leggermente sopra i buoni sentimenti. Quel tanto che basta a farmela calare un po'. Verso il 7 e mezzo. Ceccherini nel video ufficiale gli farebbe prendere punti bonus ma non vale per il contesto Sanremo.
4) Willie Peyote - Grazie ma no grazie : 7,5
Diciamolo, in questo festival non sono mancate le tematiche politiche e sociali. Nel senso che non se ne è sentita la mancanza. E proprio per questo che invece Willie Peyote risolleva il popolo di sinistra che ne sentiva il bisogno. Carina, belle rime, buon ritmo, ritornello simpatico e facilmente ricordabile, musica non originalissima ma orecchiabile. Poteva essere meglio? Poteva essere Silvestri o Elio, però ci accontentiamo.
3) Achille Lauro - Incoscienti giovani : 8-
L'Achille Lauro meno Achille Lauro dell'ultimo decennio mi sorprende con una bella canzone. Dove per bella si intende "mi farebbe venire in mente Battisti se Battisti avesse mai usato autogrill in un testo". L'inserimento del sax mi colpisce durissimo in uno dei miei punti deboli. Quanto basta per portarlo sul podio.
2) Olly - Balorda nostalgia : 8
Capisco perché abbia vinto. Ha una bella voce. Musicalmente è semplice ma ha delle bellissime variazioni. Poi si arriva al testo. E per quanto la gente si spertichi parlando di scuola genovese, di Tenco e De Andrè, raga, io in "distesi sul divano col telecomando in mano" questo grande labor limae non lo vedo. Peccato.
1) Brunori SAS - L’albero delle noci : 8+
Un po' come Giorgia si sente che fa la cantante di mestiere, si sente che Dario Brunori di mestiere scrive canzoni. Questa non è in assoluto una delle sue migliori? Assolutamente vero. È una delle migliori sul palco di Sanremo 2025? Eh sì. Davvero l'avresti fatta vincere? Eh, mi sa proprio di sì.
L'albero delle noci è la mia vincitrice di Sanremo 2025. Che volete? C'ho quasi quarant'anni eh.
Passano i mesi, passano i libri letti in quel di paese dove vivo. Più che andiamo avanti e più che mi chiedo se mi ricorderò mai di tutta la roba che leggo per andare una volta al mese a discutere. Probabilmente no. Per questo forse è meglio se me la segno un po' per volta. Gli ultimi tre libri poi seguono tutti un'unico filone e quindi è particolarmente sensato parlarne in un'unico post. Quindi questi sono gli ultimi tre mesi: enjoy!
Virginia Wolf - La signora Dalloway
o "Sul perché gli scrittori hanno bisogno degli editor" (ndr.)
Quando abbiamo scelto La signora Dalloway per il mese di dicembre ero felicissimo. Intanto sono sempre contento di leggere i classici in generale. Visto che la narrativa non è decisamente il mio genere d'elezione, ho quasi sempre l'impressione che leggendo roba contemporanea stia un po' perdendo il mio tempo. Già quello che leggo è per me poco interessante, figurati leggere roba che non si sa nemmeno se fra cinquant'anni sarà ancora ricordata o verrà spazzata via dalla storia. Con i classici mi sento di andare sul sicuro. Magari mi fanno cagare ma quanto meno mi sarò recuperato un grande pezzo della letteratura mondiale. In secondo luogo, alla veneranda età di 38 anni, non avevo mai letto niente della Woolf.
Ma come? Niente niente??
Niente niente. Quindi ho colmato un grosso gap.
Ero quindi molto felice. Una felicità che ho rimandato per tutte le festività, sicuro che in un paio di giorni quel libretto da poco più di 200 pagine me lo sarei mangiato a colazione. Ed è esattamente quello il momento in cui la hybrys ti vede e colpisce durissimo.
Quindi, cosa si può dire de La signora Dalloway?
Ci sono molti modi in cui si può descrivere il modo di scrivere della Woolf. A me è piaciuta particolarmente la definizione che ha dato una signora al club del libro, chiamandolo "suntuoso". Concordo in pieno. Anche attraverso la traduzione (ottimo lavoro signora Daria Fusini) si percepisce l'assoluta padronanza della lingua. Tutto viene descritto in modo ricco, estremamente raffinato, con uno stile che in alcuni momenti tende all'aulico. Da una parte non si può che ammirare, dall'altra a volte tende a diventare un problema. Nel senso che è una ricchezza che non ha particolari vette. Lo stile è altissimo in ogni punto e lo rimane per l'intera durata della narrazione. Il passo da suntuoso a bulimico è molto spesso breve e qui si danza molto sul confine fra l'uno e l'altro.
La struttura del romanzo è, sulla carta, geniale. Farebbe impazzire ogni critico letterario e pure io sono costretto ad arrendermi e riconoscerlo. Riprendendo l'unità di tempo, luogo e azione del teatro greco, viene messa in scena una giornata dell'alta borghesia inglese del 1923, con un narratore esterno onnisciente che, in un'unica carrellata, senza interruzioni, descrive i punti di vista di ogni personaggio della storia passando da uno all'altro con brevi passaggi di raccordo. A una prima vista molti potrebbero scambiarlo con un flusso di coscienza ma è solo un'impressione.
I personaggi sono tutti interessanti e i temi trattati enormi. Abbiamo il soldato tornato dalla guerra che soffre di stress post traumatico e che alla fine sceglie il suicidio, i dottori incompetenti di depressione e traumi psicologici che lo trattano malamente (e la Woolf ne sapeva qualcosa no?), la signora boghese (la protagonista) che ha rinunciato al grande amore in favore di una sistemazione più prosaica in seno alla società, l'amica irriverente e povera che ha sposato un marito al di sotto della sua condizione sociale, il marito ben inserito che ama la moglie nonostante non riesca a dirglielo, l'amante rifiutato fuggito all'esterno con un matrimonio fallito alle spalle e così via. Tutti temi estremamente interessanti affrescati con grande padronanza.
Il tutto viene affogato, sommerso, devastato e reso illeggibile dalla stessa struttura e dallo stesso linguaggio che ho lodato poco sapra. Ogni volta che si inizia ad appassionarsi alla storia, si viene deviati dalla descrizione tremendamente prolissa di qualcosa quando non proprio su un altro personaggio da cui si devierà di nuovo nell'istante stesso in cui rischia di diventare interessante. Raga, il libro è di una noia mortale. Ma tipo che mi sono martellato le palle per riuscire ad arrivare alla fine. È l'esempio definitivo dell'arte che non ha nessun interesse nell'essere recepita dal pubblico. O meglio, dal grande pubblico.
A volte un grande autore ha bisogno di un editor del cazzo che lo prenda da una parte e gli dica: Virgì, tutto questo è bellissimo. Questa struttura è geniale e Dio mio se scrivi bene. Ma per favore, dai retta a uno stronzo, taglia un trenta percento dalla boria che ci hai messo dentro e per favore arriva a un punto ogni tanto.
Ma quell'editor non c'era. Il libro è un capolavoro, ne convengo. MA CHE PALLE.
Simone de Beauvoir - Le belle immagini
che a volte basta dividere in capitoli eh (ndr.)
Dalla borghesia inglese degli anni venti passiamo a quella francese degli anni sessanta. Laurence è una donna sposata, con figlia, che lavora come agente pubblicitario. Si occupa di fornire "belle immagini" appunto, per i prodotti messi in vendita dalle aziende. Ha una figlia, un amante e un marito Jean-Charles di cui forse è ancora innamorata, forse no, ma che di certo trova "adeguato" alla vita che conduce. Personaggi secondari la madre Dominique, donna mondana separata che entra in crisi quando viene lasciata dal ricco Gilbert, e il padre, di cui adesso non ricordo il nome e forse un nome manco gli viene dato, che è il punto di riferimento assoluto di Laurence e descritto come perfetta incarnazione dello stoicismo e della superiorità culturale.
In 145 pagine appena Laurence attraversa una serie di esperienze minori che la portano a ripensare alla sua vita e a tutte le persone che la circondano sgretolando il mondo apparentemente felice che si era creata e che era tale solo in superficie. Ogni personaggio svela la sua vacuità, le sue debolezze, le sue finzioni interiori e le menzogne che racconta a se stesso restituendo un panorama in cui nulla è vero ma tutti vivono finzioni che si sono creati solo per dare un senso alla propria esistenza.
La critica, che potete leggere ovunque, e praticamente chiunque possiate incontrare in giro che abbia letto il libro, vi dirà che è una tagliente critica della borghesia e della vita di certi ceti sociali. Facendone un testo politico e segnando grossissimi punti a suo favore sul palcoscenico della discussione pubblica. E non ci avrà capito quasi un cazzo.
Non che il tema non sia presente ma Simone de Beauvoir è probabilmente la più grande scrittrice dell'esistenzialismo francese. Migliore di Sartre, se vogliamo dirla tutta. Quando scrive parla della società ma parla soprattutto dell'uomo. Il libro destruttura le vite dei personaggi e sottilmente vi invita a chiedervi: la vostra vita è diversa? Voi siete diversi? Quanta menzogna c'è in quello che vi raccontate per dare un senso al vostro alzarvi ogni mattina? Quante bugie dite a voi stessi, prima ancora che agli altri?
È la mia scrittrice preferita di sempre. Tutti gli uomini sono mortali è il suo capolavoro supremo ma anche questo è stupendo. A saperlo leggere.
Domenico Starnone - Confidenza
carino e trascurabile (ndr.)
Pietro è tipo Onizuka di GTO. Professore di scuola superiore entrato giovanissimo di ruolo (si vede che è ambientato negli anni '70 eh), amatissimo dai suoi allievi di cui cambia la vita in meglio e che a differenza di Onizuka riesce effettivamente a portarsi a letto una studentessa. Teresa, con cui vive questo amore travagliato che però va a finire male. Prima di lasciarsi si raccontano a vicenda il loro segreto più oscuro, quello che se rivelato potrebbe distruggergli la vita e poi se ne vanno ognuno per la loro strada. Pietro diventerà un intellettuale di media grandezza in Italia, scrivendo un paio di libri sull'insegnamento. Teresa una apprezzatissima ricercatrice internazionale fra USA e Europa.
La storia è vista quasi esclusivamente con gli occhi di Pietro che si crea questa realtà parallela in cui il suo amore per Teresa e la paura che Teresa riveli il suo segreto lo spingono a essere un uomo migliore, influendo positivamente sulla vita di tutti quelli che ha attorno. Sul finale però ci sono due piccole parti che lo vedono dall'esterno, tramite gli occhi della figlia, giornalista, che lo adora, e di Teresa stessa.
Si parla dell'Italia, di come basti poco, visto l'ambiente provinciale fatto di amici di amici, per diventare qualcuno. Della pochezza di certi personaggi. Di rapporti tossici fra gente che dovrebbe volersi bene e invece, siccome certi hanno ottenuto molto e altri poco, allora no.
Il tutto sostenuto da questa tensione sotterranea del "grande segreto" rivelato da Pietro a Teresa che tutti ci chiediamo quale sia.
Poi arriva l'ultimo capitolo raccontato da Teresa che ci dice ah boh, ma io manco mi ricordo che mi aveva raccontato quello scemo ma secondo me non era neanche sta gran cosa. Quello è sempre stato un po' strano.
EHI MA CI HAI DETTO COME FINISCE!
Esatto. Il libro è un immenso scam. Se vi piace anche senza avere tutta la tensione del "grande segreto" allora non vi ho tolto niente. Se vi avesse fatto cagare e foste stati sostenuti solo da quell'aspettativa, vi avrei fatto un favore. Prego.
Starnone è l'allievo a cui la prof da otto e mezzo scrivendo sul tema "molto scorrevole". C'è chi dice sia anche la Ferrante sotto falso nome. Non mi stupirebbe. Detto questo sì: è molto scorrevole. Il libro si legge di un fiato e alla fine ti chiedi: "ok, ma che ho letto di preciso?"
Per la rubrica cose di cui non frega praticamente un cazzo a nessuno: "Il Jeansgate di Magnus Carlsen ai World Rapid and Blitz Championship di scacchi 2024"
Il Magnus di cui sopra (ndr.)
A scopo chiarificatore, rapid e blitz sono due varianti del gioco con minor tempo a disposizione per concludere la partita (meno di un'ora in rapid, meno di 10 minuti in blitz) a differenza degli scacchi classici (dove si ha un'ora e mezza). Magnus Carlsen è l'attuale campione del mondo di queste due modalità (non è più campione di classic dal 2023 quando decise di non difendere il titolo con le immortali parole nah, troppo sbatti).
Il fatto: la prima giornata non va bene per Magnus che vince una partita, ne pareggia 3 e in game 5 viene sconfitto a sorpresa da Danis Lazavik (gran maestro bielorusso diciottenne). Nella seconda giornata sembra in piena ripresa, vince game 6 e 8 e pareggia il 7, quando succede il casino. I giudici FIDE (federazione scacchistica) lo bloccano, gli appioppano una multa di 200 dollari e gli ingiungono di andarsi a cambiare perché i jeans che indossa infrangono il dress code dell'evento. Magnus risponde una roba tipo "vabbè, pago sta multa ma ormai ho giocato fino a qui, fatemi finire la giornata e domani vengo con altri pantaloni". In risposta viene squalificato da game 9. Sembra che qualcuno azzardi anche un "così ha tempo di cambiarsi e tanto è Magnus, gli basta vincere tutte le altre partite da qui alla fine e si riconferma campione". Magnus annuncia il suo ritiro dalla competizione attuale & pure dal campionato blitz.
La versione della FIDE: l'organizzazione fa notare che il dress code è conosciuto e accettato da tutti i partecipanti e protegge i giocatori da robe tipo tizio x gioca vestito da IT perché a tizio y fanno paura i pagliacci o mi presento in costume da bagno perché mi fa caldo.
Qualcuno abbozza l'obiezione: "Ma pure i jeans?"
A cui si risponde con "se sembrano pantaloni classici magari li facciamo passare però se diciamo che vanno bene poi si presenta la gente con la roba strappata e nessuno vuol vedere gambe pelose sorry".
Fanno inoltre notare che quella stessa mattina hanno fatto tornare in albergo Ian Nepomniachtchi (oh è russo, si chiama così), a cambiarsi le scarpe da ginnastica con un paio di scarpe classiche quindi è tutto normale, non si fanno eccezioni, dura lex sed lex.
La versione di Magnus: ho avuto una prima giornata di merda e mo sta roba dei jeans peddavvero, sono decisamente troppo vecchio per queste stronzate
Cosa la gente dice ci sia sotto: c'è un'organizzazione che si chiama Freestyle chess https://www.freestyle-chess-players-club.com/ che è fondamentalmente un club privato di scacchisti con elo sopra i 2725 che da qualche anno organizza eventi paralleli a quelli della FIDE e punta a creare un proprio campionato del mondo (banalmente per avere direttamente accesso ai soldi degli sponsor invece di accontentarsi dei premi per i vincitori). Per chi si ricorda, praticamente quello che alcuni club di calcio europei hanno tentato di fare poco tempo fa con la Superlega che tentava di svincolarsi da FIFA e UEFA. Proprio pochi giorni fa la FIDE aveva rilasciato un comunicato in cui prometteva che non aveva cattive intenzioni e che non avrebbe preso nessun provvedimento contro gli aderenti a freestyle.
La FIDE si sta vendicando contro il cofondatore di Freestyle?
Magnus ha fatto tutto apposta per lanciare il proprio campionato del mondo?
È tutta una coincidenza ma Magnus ne ha approfittato per sganciarsi?
Tutte queste cose assieme?
Nel 2025 ci saranno due campionati mondiali di scacchi? Probabile. Chissà.
Due settimane fa ero malato. Quando sono malato mi deprimo, vorrei che tutti nel mondo soffrissero quanto me e soprattutto mi consolo soltanto pensando che magari qualcuno sta peggio. Ottimo momento quindi per riprendere una saga in cui la gente muore malissimo e nei modi più assurdi.
Oggi parliamo di Final Destination, un B movie che per un paio di buone intuizioni ha segnato una generazione, diventando poi una serie di film abbastanza ridicoli e inutili. E lo facciamo andando in ordine.
Quello senza numero perché è il primo
Era l'inizio del nuovo millennio. X-files si stava avvicinando alla conclusione dopo aver dato tutto quello che poteva dare già da un paio d'anni e James Wong cercava un modo di riciclare una trama che Jeffrey Reddick gli aveva proposto. Mette quindi insieme un gruppo di giovani attori promettenti, fra cui ricordiamo Kerr Smith (preso direttamente dai set di Dawnson's Creek), Sean William Scott (reduce dal primo American Pie) e un Devon Sawa ventiduenne che si finge adolescente, e con un budget contenutissimo si porta a casa il film.
Che è sicuramente un trionfo al botteghino (110 mln di guadagno per 23 mln di spesa) e generalmente un discreto successo a livello di pubblico.
Per tutti i genZ capitati qui per caso: cos'era e cosa funzionava in questo film?
Sul cosa è abbastanza semplice: si trattava di un horror molto basic con la classica meccanica del gruppo selezionato di persone predestinate a morire. Alex Browning è un liceale in partenza per la gita scolastica in Francia, quando in un sogno premonitore vede l'aereo esplodere. Preso dal panico si fa buttare fuori dall'aereo insieme ad alcuni compagni di classe. Il volo 180 esplode davvero ma dopo alcuni mesi i superstiti del volo iniziano a morire in base a quello che sarebbe stato il loro posto a sedere.
Il cosa funzionava può invece essere riassunto in 3 punti:
la scelta del villain che, a differenza del classico serial killer o del mostro variamente fantasy, si identificava come la morte stessa. Un cattivo che quindi non appariva mai in scena ma si andava a identificare con l'intero mondo intorno ai protagonisti. Il primo film era oggettivamente inquietante, proprio per il senso di pervasività del pericolo. Ogni più piccolo elemento poteva essere quello determinante nel causare la morte dei personaggi, cosa su cui regia e sceneggiatura giocavano spargendo indizi veri e falsi.
un set di regole ben identificabili all'interno delle quali i personaggi potevano giocare. Cose come: (a) la morte da sempre segnali che permettono di capire come tenterà di ucciderti; (b) la morte tenta di ucciderti fin quando un'altra persona non interviene per salvarti; (c) la morte segue una lista temporale di persone da uccidere e si è al sicuro finché non muoiono quelli prima di te; (d) se qualcuno ti salva, "salti" il turno. Tutto questo dava una notevole "leggibilità" alla trama permettendoti di essere sempre partecipe della narrazione.
la costruzione del gruppo di personaggi accomunati dal destino intorno a cui far ruotare le diverse relazioni umane.
Il film funzionava perché andava ad agitare i grandi archetipi dell'umano: la consapevolezza della morte in agguato in ogni angolo, l'incertezza del mondo che ci circonda, la fragilità dell'umano. Il tutto in un contesto in cui l'orribile confinava spesso nel ridicolo di morti sempre più bizzarre. Da questo punto di vista il primo Final Destination si avvicinava a quel confine rimanendo però sempre decisamente sul lato della paura. Anche la morte più bizzarra era vista nella sua luce più sinistra come indizio della malvagità del mondo circostante e dell'inevitabile fine del protagonista.
Visto il successo al botteghino, sono arrivati inevitabilmente i sequel.
Quello decente
Diciamo che allo schema "la morte ha un piano per ucciderci tutti e al massimo potete rimandare la cosa ma non evitarla" non c'era molto da aggiungere fin dall'inizio. Però un franchise che per ogni milione speso te ne produce cinque mica puoi buttarlo via. Jeffrey Reddick torna come co-sceneggiatore supervisionando il lavoro di Glen Morgan, con il preciso incarico di fai esattamente come l'altra volta che è andata benissimo, affiancato a D. R. Ellis alla regia di cui come nota biografica possiamo dire che ha fatto anche Final Destination 4 ed è morto in un albergo mentre stava adattando un hentai giapponese. C'entra qualcosa? No. Ma era per fare del pettegolezzo gratuito.
Dal film precedente si è tecnicamente salvato il protagonista ma Devon Sowa augura tante buone cose a tutti e si chiama fuori. Si riparte quindi con un nuovo gruppo. Kimberly Corman (A. J. Cook che internet mi descrive come impegnata, dal 2005 al 2020, in Criminal Minds... più un sequestro di persona che una serie) sta partendo per le vacanze di primavera con tre amici quando ha la visione di un terribile incidente autostradale. Terrorizzata scende dalla macchina bloccando anche parte della strada e assiste impotente alla morte dei ragazzi partiti con lei quando l'incidente accade davvero. I superstiti iniziano a morire ecc. ecc. A un certo punto compare anche Clear Rivers (Ali Larter di Heroes) che era l'altra protagonista sopravvissuta al film precedente, per spiegare due cose alla nuova generazione e poi morire malissimo. Altro tratto ricorrente è la presenza di un becchino (di cui nessuno sa il nome ma che è interpretato da Tony Todd) che torna nel ruolo di fai quello che forse sa le cose ma non le dice in modo molto inquietante.
Tutto va all'incirca come nel film precedente solo che il tutto inizia a scricchiolare un po', anche se in modo impercettibile. Intanto quel confine fra horror e ridicolo inizia a tendere un bel po' verso il ridicolo. Che nel senso, era parte dello spirito del film prendere in giro le morti assurde del genere, però il primo rimaneva un horror. Questo molto meno e in parte è anche dovuto al fatto che il lavoro sulla caratterizzazione dei singoli personaggi praticamente scompare. Al di là del fatto che sono dei perfetti sconosciuti che non si conoscono perché è gente che si è salvata a caso in autostrada, il film non da mai il tempo né lo spazio necessario a sviluppare dei legami. Cosa che rende il pubblico meno predisposto a empatizzare e quindi meno interessato al loro destino.
La cosa che poteva essere buona del film era lo sviluppo del worldbuilding. In questo film infatti la morte uccide le persone in ordine inverso a quello rispetto a cui dovevano morire nell'incidente. Il tutto viene spiegato facendo scoprire che ognuno dei personaggi del film si è già salvato da morte certa in passato grazie all'intervento di uno dei personaggi del primo Final Destination. Questo aprirebbe in teoria notevoli prospettive, nel senso che permette di legare tutti i sequel in un complicato domino in cui ogni pezzo determina la caduta di altri e così via. Ovviamente era una prospettiva troppo interessante e non verrà MAI più ripresa. Altra cosa interessante era l'accenno del becchino al fatto che "una nuova vita" interromperebbe il piano della morte e la costringerebbe a ripartire da capo. Cosa che viene interpretata in modo estremamente stupido dai personaggi e, come sopra, MAI più ripresa.
Quello in cui si vedono le tette
James Wong torna alla regia per il terzo film in cui alla sceneggiatura è rimasto solo Glen Morgan che qui ha chiaramente preso la tangente e se ne sbatte allegramente dell'intera questione. Mary Elizabeth Winstead, che di lì a pochi anni ritroveremo come Ramona in quel piccolo capolavoro di Scott Pilgrim vs the World, interpreta Wendy Christensen che essendo andata con degli amici a un Luna Park ha questa visione delle montagne russe che implodono ammazzando un sacco di gente. Scappa seguita da alcune persone ecc. ecc. Si torna nell'ambiente liceale in cui i personaggi non hanno però neanche lontanamente la caratterizzazione del primo film. Sono, protagonisti compresi, dei cartonati il cui unico scopo è farsi uccidere nel mondo più assurdo possibile nel corso del film. E il problema è che i modi sono talmente assurdi che perfino i personaggi del film sono costretti a farsi due domande in merito.
Uno dei tratti inquietanti del primo film era che le morti, per quanto strane, erano comunque "spiegabili". Nel senso che i protagonisti si muovevano sempre in questo ambiente ostile in cui solo loro capivano che qualcosa di sovrannaturale stava avvenendo mentre il mondo esterno continuava a procedere come se niente fosse. Il terzo film ha come problema ulteriore il fatto che perfino il mondo esterno inizia a reagire ad una morte che sembra ormai sbattersene (almeno quanto lo sceneggiatore) di rendere "credibili" le uccisioni. La cosa in realtà avrebbe potuto essere interessante se fosse stata affrontata dal punto di vista della lore. Si sarebbe potuto creare un divertente gioco di specchi e una semirottura della quarta parete facendo reagire coerentemente il mondo a questi cambiamenti. Ma no, purtroppo ci si legge soltanto disinteresse per il franchise trattato come prodotto dark-comedy su cui lucrare con lo splatter gratuito. Momento più apprezzato dal pubblico: le due liceali (ovviamente interpretate da attrici maggiorenni) a seno nudo nei lettini abbronzanti. Ultimo punto: il passaggio dalle visioni alle fotografie che, va detto, è stata un'idea abbastanza del cazzo. Al di là della visione iniziale iperdettagliata che da origine alla storia, i protagonisti del franchise hanno sempre delle premonizioni sulle morti successive. Nel primo film questo elemento è importantissimo perché i personaggi riescono effettivamente a sfruttarle per influenzare il corso degli eventi. Già nel secondo questa cosa scompare. Nel terzo le premonizioni vengono passate attraverso fotografie scattate da Wendy al Luna Park che sono talmente vaghe che semplicemente la tensione non esiste. Di fatto sono un altro strumento al servizio del "fan service" splatter. Anticipano al pubblico qualche elemento della morte assurda che sta per avvenire a completo detrimento della storia.
Quello in 3D
Il quarto film della serie è la chiara dimostrazione di cosa succede quando un soggetto che originalmente aveva un senso, viene messo in mano a gente che se ne sbatte ampiamente la minchia ed Eric Bress (che aveva partecipato alla scrittura del 2) ci regala un plot che va a scardinare completamente la struttura narrativa del mondo. Nick O'Bannon è un tizio che va con amici a vedere una gara automobilistica. Ha la visione di un incidente che fa crollare l'intera arena e scappa con i 3 compagni di sventura e altri stronzi capitati lì per caso. Seguono morti randomiche e molto molto stupide, le più stupide del franchise, compreso un tizio a cui viene aspirato il culo da una piscina (sic.).
Le premonizioni delle morti tornano ma la cosa più stupida avviene nel finale. Per la prima volta nel franchise Nick ha una nuova visione completa, come quella di inizio film, di un altro incidente catastrofico, l'incendio in un centro commerciale, in cui dovrebbero morire le due amiche rimaste in vita. Con notevole impegno personale riesce a impedire il disastro.
Questa roba è assolutamente distruttiva non per la trama del film ma per l'intero worldbuilding. In tutti i film della serie la morte funzionava come antagonista perché si comportava come il classico serial killer intelligente. Agiva quando la vittima era isolata, teneva un basso profilo e minimizzava i rischi. Nel terzo film questa identità iniziava a vacillare ma nel quarto la questione dell'incendio fa esplodere il problema. Il punto della storia è sempre stato che la sopravvivenza dei protagonisti era un "errore" nel piano della morte a cui questa metteva una pezza procedendo con eliminazioni singole. Il fatto che la morte delle due ragazze venga infilata in un secondo evento catastrofico ci descrive una morte stupida che, avendo già a che fare con un tizio in grado di avere premonizioni, non si preoccupa di quello che potrebbe succedere nel caso intervenisse nuovamente. Cosa che effettivamente avviene. Di fatto la mancata distruzione del centro commerciale lascia un gigantesco plot hole con la morte che si deve adesso occupare di riscrivere i destini individuali di centinaia di persone sfuggite alla tragedia.
Un disastro talmente enorme che il seguente film del franchise sarà un prequel per non dover avere a che fare con sto casino.
A livello di botteghino il film fu comunque un successo, nonostante sia quello con le votazioni più basse mai registrate.
Il prequel dei serial killer
Siamo infine arrivati al 2011 ed è il momento di far deporre un altro uovo a questa gallina. Per la bisogna vengono chiamati Steven Quale alla regia e Eric Heisserer (Shadow and Bone 2021-2023... strano che mi abbia fatto cagare^^) alla scrittura. Sam Lawton (Nicholas D'Agosto) sta partendo in viaggio di lavoro con l'azienda. Mentre passano su un ponte in manutenzione, questo implode uccidendo centinaia di persone. Sam però vede tutto con una premonizione e riesce a salvare la fidanzata e alcuni colleghi. Tutto procede come al solito con una modifica: se ammazzi qualcuno che non doveva morire la morte ti scambia la durata della vita con quella del tizio che hai ucciso, permettendoti di vivere. Sta roba ovviamente è di una stupidità assoluta. Intanto è notevole che un'entità descritta come malevola e desiderosa solo di punirti perché sei riuscito a sottrarti al suo primo tentativo di ammazzarti, ti permetta però di mercanteggiare interferendo ulteriormente nei suoi piani per i destini altrui. In secondo luogo infrange il canon dei film precedenti, perché nel 4 uno dei personaggi tentava ripetutamente di suicidarsi senza riuscirsi, visto che non era ancora il suo momento. E di fatto se è la morte a decidere quando e perché qualcuno debba morire, il fatto che si uccida una persona a caso come esclude il fatto che sia proprio quello il piano della morte? Infine, vi rendete conto che questa roba apre la porta a un mondo in cui esistono esseri immortali solo per il fatto di continuare a uccidere gente giovanissima per acquisire i loro anni di vita all'infinito.
La scena del ponte che crolla era bella. Il resto faceva cagare.
E questo era l'ultimo film. Per ora. Perché Final Destination VI - Bloodlines è effettivamente in produzione e dovrebbe uscire nel 2025. Le interviste rilasciate dicono che si tratterà di un soft reboot della serie. La speranza è che si tratti di un nuovo avvio nella linea di facciamo finta che 4-5 non siano mai esistiti, la relativa sicurezza è che sia un'operazione commerciale a bassissimo cabotaggio tesa a mungere quel che resta di questa mucca e della nostalgia dei primi anni '2000. Vedremo.
trabucchi che tirano giù le montagne che creano dighe con l'acqua che svanisce e la gente che cammina nel fango
la cavalleria che scompare
le macchine d'assedio che buttano giù le mura tirando dei punteruoli conficcati dentro a martellate
Elrond e Galadriel che si baciano
il topo di matrix
Sauron signore dei Sith
il sole che sorge a nord
Arondir che muore come se ci credesse qualcuno
Tempo fa avevo buttato giù su un foglio la scaletta per una recensione di Rings of Power 2x07 ma l'intera serie mi è sembrata talmente trascurabile che ho lasciato perdere e il foglietto di cui sopra è finito a fare da tappetino sulla scrivania alle mie consuete tazze di tè serali. Stasera l'ho ritrovato tutto spiegazzato e ho deciso di salvarne la memoria qua sopra prima di gettarlo.
Vale, o' foglietto degli appunti. Vale.
(per la cronaca, le cose positive erano la colonna sonora e forse un pezzetto di troll)
Non so se lo sapete ma su Amazon prime è uscita la seconda stagione di Rings of Power. Se lo sapete, non vi è potuta sfuggire la quantità di polemiche sull'argomento. Ora questo post non serve a far polemica, quanto a trattare uno specifico argomento che mi rimane comodo tenere qui, in modo da poterlo linkare alla bisogna. Oggi parliamo quindi degli orchi padri di famiglia pacifisti e di dove cercarli.
Ora, su questa tematica particolare ci sono due fronti contrapposti. Il primo sostiene che gli orchi sono creature dotate di libero arbitrio, che per di più si riproducono come tutti gli altri, e che quindi sia totalmente sensato che alcuni di loro possano avere istinti protettivi nei confronti della famiglia o non siano attratti da guerra e razzie. I secondi che gli orchi siano entità intimamente corrotte da un dio malvagio per desiderare, circa geneticamente, odio, violenza e morte e che quindi sia assolutamente ridicolo trattarli come entità morali grigie suscettibili a ripensamenti e pentimenti.
Abbiamo quindi uno schieramento del "Sì, gli orchi possono tenere alla famiglia" vs un "No, gli orchi sono creature eternamente malvage". Il problema è che entrambi gli schieramenti mancano leggermente il punto e cercheremo di dimostrarlo andando a prendere le parole dell'autore.
Il fronte del No, solitamente estremamente attento al canone, ha trovato un grosso ostacolo nella citazione seguente, che i Sì hanno spammato sull'internet.
Esse sarebbero il maggiore fra i Peccati di Morgoth, abusi del suo più alto privilegio, e sarebbero creature generate dal Peccato, e naturalmente malvagie. (Stavo per scrivere “irrimediabilmente malvagie”, ma mi sarei spinto troppo in là. Perché accettando o tollerando che siano stati fatti, condizione necessaria per la loro esistenza, perfino gli Orchi diventerebbero parte del Mondo, che è di Dio e quindi in definitiva buono.)
Bozza di lettera a Peter Hastings, settembre 1954, J.R.R. Tolkien - Lettere 1914/1973, Bompiani, Firenze 2017, pp. 310.
In realtà ho già inserito una citazione più corposa di quello che di solito si trova sull'internet. In genere i sostenitori del Sì si limitano a evidenziare la parte fra parentesi chiosando con un avete visto che Tolkien dice che gli orchi non sono irrimediabilmente malvagi? Quindi abbiamo ragione noi!
E in parte hanno ragione. Tolkien è uno scrittore intimamente cristiano. Nella prospettiva cristiana il male non è parte della creazione bensì una sua corruzione. Ergo, essendo gli orchi dotati di anima (benché corrotta) devono poter essere passibili di pentimento e quindi di catarsi. Sul fatto che siano corrotti il fronte del Sì evita però di mettere l'accento. E dire che proprio nella lettera che citano vi si fa ampio riferimento:
Riguardo agli altri punti, credo di essere d’accordo sulla “creazione da parte del male”. Ma Lei è più disinvolto con la parola “creazione” di quanto sia io.* Barbalbero non dice che l’Oscuro Signore ha “creato” Troll e Orchi. Dice che li ha “fatti” come pessime copie di alcune creature preesistenti. Secondo me c’è un abisso fra le due affermazioni, tanto che la dichiarazione di Barbalbero potrebbe (nel mio mon- do) anche essere vera. In effetti non lo è riguardo agli Orchi, che fondamentalmente sono una razza di creature “razionali incarnate” benché orribilmente corrotte, anche se non più di molti uomini che girano al giorno d’oggi. [...] La sofferenza e l’esperienza (e forse l'Anello stesso) danno a Frodo più intuito; e Lei leggerà nel cap. I del libro VI le sue parole a Sam. “L'Ombra che li allevò sa solo disfare, non sa fare, creare cose nuove da sola. Non credo che abbia generato gli Orchi; non fece che rovinarli e depravarli.” Nelle leggende dei Giorni Remoti si ipotizza che il Diabolus abbia soggiogato e corrotto alcuni dei primi elfi, prima che essi avessero mai sentito parlare degli “dèi”, men che meno di Dio.
Ivi, pp. 302-303.
In questo brano, vi farei notare un particolare interessante. Quel "anche se non più di molti uomini che girano al giorno d'oggi". Sullo stesso punto si ritorna più avanti nel corpo della lettera. Subito sotto il brano citato dai sostenitori del Sì, si legge infatti:
Ma se esse possano avere “anima” o “spirito” sembra una questione diversa; e poiché nel mio mito non ho contemplato la possibilità di fare anime o spiriti, cose dello stesso ordine anche se non dello stesso potere dei Valar, per “delega”, allora ho rappresentato almeno gli Orchi come esseri reali pre-esistenti, sui quali l’Oscuro Signore abbia esercitato tutto il suo potere per rimodellarli e corromperli, non per crearli. Che Dio possa “tollerare” questo fatto non sembra teologicamente peggiore della calcolata de-umanizzazione degli Uomini da parte dei tiranni alla quale assistiamo oggi.
Ivi, p. 310.
Da questi stralci emergono due elementi importanti. Il primo, che è quello non considerato dal fronte del Sì, è l'insistere in modo forte sulla corruzione degli orchi. Tolkien non può ammettere l'esistenza di anime irredimibili e tuttavia sottolinea più volte come i suoi orchi siano orribilmente deformi nel senso che l'umanità in loro è ridotta a niente. Già questo depone contro la possibilità dell'orco pacifista affezionato alla famiglia.
Tuttavia anche i sostenitori del No mancano leggermente il punto che cercherò di illustrare con i prossimi stralci.
Sembra che la
vita in un campo non sia cambiata per nulla, e ciò che la rende così esasperante è il fatto che tutte le sue caratteristiche
peggiori non sono necessarie, e si devono alla stupidità umana che (come i “pianificatori” rifiutano di vedere) è sempre
ingigantita indefinitamente quando viene “organizzata”. Ma
l'Inghilterra nel 1917-1918 era decisamente povera ed è un
po’ stupido che in una terra di relativa abbondanza tu debba sopportare simili condizioni. E chi paga le tasse vorrebbe
sapere dove finiscono tutti i milioni, se i migliori dei loro
figli devono essere trattati così. Comunque è quasi inevitabile, dato che gli esseri umani sono ciò che sono, e l’unica
cura (a parte una Conversione universale) sarebbe di non
avere guerre, né pianificazione, organizzazione o irreggimentazione. Il corpo in cui presti servizio, naturalmente, come sa chiunque possieda una qualche intelligenza e occhi e orecchie, è pessimo, tira avanti grazie alla reputazione di pochi uomini valorosi e tu probabilmente ti trovi in un angolo messo particolarmente male. Ma tutte le Grandi Cose progettate in grande danno questa sensazione al rospo che finisce sotto l’aratro, anche se in un quadro ‘più generale funzionano e fanno il loro lavoro. Un lavoro in fin dei conti malvagio. Stiamo tentando di sconfiggere Sauron usando l'Anello. E (sembra) ci riusciremo. Ma il prezzo da pagare sarà, come sai, la generazione di nuovi Sauron, e la lenta trasformazione di Uomini ed Elfi in Orchi. Non che nella vita reale le
cose siano così nette come in una storia, e noi avevamo molti Orchi dalla nostra parte fin dall’inizio. [...] Bene, eccoti qui: uno hobbit fra gli Urukhai. Conserva la tua hobbitudine nel cuore, e pensa che tutte le storie sembrano così quando ci sei dentro. Tu sei dentro una storia molto grande!
- Tolkien a Christopher, 6 maggio 1944, J.R.R. Tolkien - Lettere 1914/1973, Bompiani, Firenze 2017, p. 126
Spero che tu abbia presto qualche altra licenza per vedere l'Africa genuina. Lontano dai “servi inferiori di Mordor”.
Sì, penso che gli Orchi siano reali quanto qualsiasi creazione
di un romanzo “realistico”: le tue parole vigorose descrivono bene la tribù; solo che nella vita reale essi si trovano in
entrambe le fazioni, naturalmente. Poiché il “romanzesco” è
nato dalla “allegoria”, e le sue guerre sono ancora derivate
dalla “guerra interiore” dell’allegoria in cui il bene è da una
parte e varie forme di male sono dall'altra. Nella vita reale
(esteriore) gli uomini sono da entrambe le parti: e questo significa una variegata alleanza di orchi, bestie, demoni, semplici uomini naturalmente onesti, e angeli. Ma fa una certa
differenza chi siano i tuoi capitani e se di per sé siano simili a
orchi!
- Tolkien a Christopher, 25 maggio 1944, J.R.R. Tolkien - Lettere 1914/1973, Bompiani, Firenze 2017, p. 133
Quello che c'è da capire della narrazione di Tolkien è che si tratta della forma più pura di epic fantasy contemporaneo. I personaggi del romanzo, tutti, sono funzioni narrative che parlano di temi più grandi. Dire che gli orchi sono geneticamente malvagi dando una giustificazione in lore, è quasi superfluo in quanto sono di per sé una rappresentazione del reale trasportata nella fiction. In questo senso, è abbastanza privo di senso chiedersi se gli orchi possano essere pacifici, amare la famiglia, coltivare altre ambizioni che non siano quelle della razzia e del saccheggio. Semplicemente perché gli orchi esistono in quanto antagonista malvagio. Volendoli trasportare sul piano reale, gli orchi sono, come dice Tolkien nelle lettere, esseri umani rovinati, depravati, de-umanizzati da tiranni che mirano a irreggimentare e deprivare i sottoposti della loro volontà individuale per sottoporli al proprio dominio. Nella realtà - che Tolkien ha vissuto, vi vorrei ricordare che LoTR viene scritto nel pieno della Seconda Guerra Mondiale da un tizio che aveva partecipato alla Prima - gli orchi si trovano in entrambi gli schieramenti. Sono i tedeschi delle SS divenuti macchine assassine nelle mani dei gerarchi nazisti ma anche inglesi privati dalla compassione e dell'umanità dalle durezze della guerra. Il punto però è che nel fantasy epico questa contrapposizione viene sublimata nei campi in lotta. La guerra di elfi e uomini contro gli orchi è la lotta di tutti gli esseri umani che preservano la bontà e la gentilezza dalla violenza e dalla sopraffazione. Da questo punto di vista è inutile chiedersi se gli orchi possano redimersi. Semplicemente perché un orco redento non è più un orco. La rappresentazione della serie di Amazon è sbagliata non perché gli orchi non possano redimersi, è sbagliata perché non capisce che gli orchi esistano in quanto rappresentazione della malvagità umana e che quindi nessun essere vivente che conservi sentimenti di pietà e gentilezza può essere considerato un orco.
Il problema di Rings of Power è che cerca di forzare una narrazione grigia, in cui buoni e cattivi non esistono ma esistono solo esseri umani (alcuni con le orecchie a punta, alcuni molto bassi e alcuni brutti da vedere) con aspirazioni e desideri individuali, in un'opera che è eminentemente epica. Ovvero il cui tono presuppone un Bene e un Male fortemente distinti, in cui le azioni individuali servono semplicemente a definire a quale fronte aderisci. Per questo RoP ha pochissimo a che fare con Tolkien. E raga, e qui mi rivolgo al fronte del Sì, è assolutamente legittimo che questa serie vi piaccia. Ma se non avvertite alcun attrito fra RoP e l'opera di Tolkien, considerate la possibilità non solo di non aver capito Tolkien ma che alla fin fine di Tolkien vi piaccia solo l'estetica. Ci può stare eh.
Anatomia di una caduta, film del 2023, vincitore della Palma d'Oro a Cannes. Non avrei voglia di parlarne ma mi sto annoiando e ho bisogno di distrarmi. E quello che uso per distrarmi di solito oggi mi annoia, quindi proviamo a scrivere sta cosa.
Che poi si è lanciato, mica è caduto (ndr.)
Siamo in periodo di cinema estivo e il Ministero dell'Interno ha destinato ampi fondi ai cinema nazionali per permettergli di mandare in sala film a 3 euro e 50. In più nel mio paese hanno riaperto il cinema storico che dal covid è sempre rimasto semifermo, quindi quale momento migliore per recuperare un filmone che tutti dicevano fosse bello però che palle il festival di Cannes fanno solo roba noiosa?
Solo che poi il biglietto me lo hanno fatto pagare pieno a 8 euro. Quindi sostegno ministeriale stocazzo.
Eh ma così contribuisci al mantenimento dell'arte.
OK
Trama: Sandra e Samuel vivono in una baita di montagna col figlio ipovedente di nome Daniel e il cane guida. Sandra è una scrittrice di successo. Samuel sarebbe un bravissimo insegnante ma vorrebbe fare lo scrittore anche lui, solo che non ci riesce. Un giorno il figlio esce di casa col cane e quando torna trova il corpo del padre sanguinante apparentemente caduto dal terzo piano. Per una serie di indizi strani, rapporti poco chiari e testimonianze rilasciate a cazzo (cosa che conferma che non si deve MAI dire niente in assenza dell'avvocato), la polizia inizia a farsi delle domande e parte un processo. Sarà caduto? Si sarà suicidato? La moglie l'ha spinto? Boh.
Trama con spoiler
«Insomma Massimo, vuoi deciderti o no a fornirci il tuo alibi per la sera del delitto?»
«Io non ho mai alibi. Ma faccio notare che chi non ha un alibi è innocente, vero commissario? Un vero assassino si prepara sempre un alibi»
«Quand'è così sono innocente anch'io, aah!»
«Troppo facile! Anna Carla, commissario, ha mezzo alibi. È stata al cinema, ma nessuno l'ha vista. Tutti gli assassini vanno sempre al cinema la sera del delitto»
Siccome Comencini ha quasi sempre ragione è facilissimo capire che Samuel si sia suicidato e che Sandra sia innocente. Non solo non ha un alibi, ma fornisce le ragioni che secondo lei hanno portato al suicidio solo in un secondo tempo e talmente male che sembra se le sia inventate in quel momento. Tutto il film è quindi una profondissima analisi psicologica del contesto familiare, dei rapporti fra marito e moglie, delle illusioni e delusioni di Samuel, dei sensi di colpa nei confronti del figlio, tutto diretto a convincere il giudice di quello di cui noialtri che guardiamo il film ci siamo convinti al minuto 10: che Sandra forse non è la persona più simpatica sulla faccia della terra ma che essere inglese non corrisponda anche a essere colpevole. È pure vero che il giudice è francese. Capisco che per loro essere inglesi costituisca un reato.
Commento: il film è oggettivamente un po' lungo e la parte finale forse un po' strascicata. Inoltre, come dire, sembra che la sceneggiatura sia stata scritta da qualcuno veramente ma veramente deciso a far passare come cretini e persecutori senza cuore gran parte dei componenti della giustizia francese. Il tutto ignorando come difficilmente nella vita vera potrebbe essere portato avanti in modo così spietato un processo per omicidio in cui: a) non si trovi l'arma del delitto; b) non si abbia una ricostruzione convincente di come possa essere stato messo in atto; c) la vittima fosse evidentemente in crisi e sotto psicofarmaci perlopiù interrotti prima della morte. Insomma, sembra scritto da uno di quelli che ma vedi che forse Rosa e Olindo hanno ragione eh. Detto questo e passando sopra a qualche esagerazione, il film è ottimo dal punto di vista dell'introspezione sui personaggi. Quando finisce siamo di fronte a dei quadri di personalità ottimamente illustrati e dettagliati. Si ha l'impressione di conoscere queste persone e di capire cosa le muova fin nell'intimo. In questo è senso è scritto benissimo e l'intero processo diventa una enorme ricostruzione di rapporti interpersonali in cui l'esito finale e in fondo poco importante. C'è anche una fugace riflessione sul meccanismo della comunicazione pubblica della cronaca nera e di come la narrativa di una storia possa influenzare l'andamento processuale. Il per il pubblico è molto più interessante la storia di una scrittrice che ammazza il marito piuttosto che quella di un insegnante depresso che si getta dal terzo piano è cosa sicuramente vera ma che rimane abbastanza ai margini della narrazione.
Voto: 8 e mezzo. Potrebbe annoiarvi. Se non vi annoia vi conquista.
Stavo per iniziare dicendo "come ho scritto riguardo a Ghostbusters legacy"... poi mi sono ricordato che non l'avevo scritto qua ma ad altra gente in una chat e quindi non ho prove tangibili di aver detto vabbè non era malissimo alla fine, se fanno il sequel vado a vederlo. Credetemi sulla parola. In ogni caso, complice il cinema a sconto (che chi cazzo va al cinema il lunedì sera?), mi sono visto questa roba. E sono pronto a dare la mia rapida e sferzante opinione. Con una premessa sostanziale, ovvero che stiamo comunque parlando di un film della Sony. Nel senso, poteva andare molto, molto, molto peggio.
Il Mastro dell'accendino (ndr.)
Cosa funziona: benché alcuni possano non essere d'accordo a mio parere lo switch totale di genere dai vecchi film sta abbastanza funzionando. Quelli degli anni '80 erano fondamentalmente degli horror comedy con sporadici momenti action. Sia Legacy che Frozen Empire - che per qualche ragione sconosciuta agli Dei del cinema abbiamo dovuto tradurre con Minaccia Glaciale WTF?? - sono dei teen drama a tinte horror. Il pubblico di riferimento è proprio cambiato. Da un target composto al 90% di adulti ci si è spostati su ragazzini e famiglie. Come scelta può piacere come non piacere ai fan del franchise ma tutto sommato, considerando che parliamo di un ritorno in scena dopo trent'anni e una pandemia globale, come sparo nel buio è stata una scelta assolutamente sensata. Quindi, sono dei buoni teen drama? Abbastanza. Storia di formazione: check; buoni sentimenti: check; protagonisti adolescenti per qualche motivo sempre più svegli e abili degli adulti: check. Non dubito che possa intrattenere un pubblico di ragazzini.
Funziona la colonna sonora. Anche perché è sempre quella storica lievemente riadattata. Funzionano le ambientazioni (tornare a New York è una manna).
Le interpretazioni attoriali, eccettuato Murray che sta chiaramente recitando la parodia di se stesso e prende la cosa sul serio tipo dieci secondi per ogni minuto di girato, sono tutte buone, con speciale menzione per Dan Aykroyd che ci crede veramente tantissimo.
Cosa funziona meno: diciamo che il worldbuilding non è mai stato esattamente il punto. L'ambientazione basata sugli esp e le esperienze paranormali era già leggermente fuori contesto negli anni '80. Nel 2024 siamo talmente lontani dall'era dell'acquario degli hippies e dei college americani che devi per forza trovare qualcos'altro per supportare la verosimiglianza di quel mondo. E qualcosa provano a fare ma non ci riescono benissimo. Fra l'altro tutto quello che ha a che fare con i macchinari sembra fintissimo e paradossalmente molto di più di quanto sembrasse con gli effetti speciali dei vecchi film. E diosanto, ogni volta che vedo gli inseguimenti in macchina e le trappole antifantasma montate sui droni volanti o sulle macchinine mi viene l'orticaria.
Eh ma nella serie animata!
Spoiler: quello che funziona in un cartone animato raramente funziona in un film vero.
Ancora, il cattivo funzionicchia. Nel senso che visivamente è abbastanza figo. Per tutto il resto è un cartonato ma non è che ci si aspettasse chissà cosa.
Le gag funzionano. Ce ne sono di divertenti e si apprezzano anche le strizzatine d'occhio ai fan tipo Ray che reincontra il fantasma in biblioteca e scappa di nuovo. Quello che si apprezza meno è la riproposizione della stessa struttura narrativa al solo scopo di rifare le citazioni. Avevamo veramente bisogno di un Mastro di Fuoco in questo film? Con tutto l'affetto possibile per Kumail Nanjiani, mi sei piaciuto in Eternals btw, ANCHE NO.
Cosa no: Phoebe. Non è colpa di Mckenna Grace, diciamolo subito. Lei si fa abbastanza in quattro per il personaggio. Però è proprio scritto a cazzo. Sorry. Non che Finn Wolfhard, per cui le uniche indicazioni di copione sono evidentemente state "fai finta di essere sul set di Stranger Things e lamentati di essere grande ormai", sia stato trattato meglio. Ma essendo il suo personaggio assolutamente ininfluente per il film semplicemente si è notato meno. Nella lista dei personaggi scritti di merda inseriamo pure aspematuchicazzoeri?LuckyDomingo interpretata da Celeste O'Connor che, nel senso, immagino fosse in Legacy perché tutti si comportavano come se la conoscessero, ma io non ho assolutamente idea di chi fosse. Non che fosse importante.
Phoebe dicevamo. Si sono veramente impegnati per farla sembrare una rompicoglioni totale. E ok, un pochino doveva esserlo perché è un'adolescente in crisi ma, diosanto, non ho mai visto una persona tanto intelligente comportarsi in modo così idiota. Di un livello di idiozia e mancanza di empatia che supera di diversi gradi ogni livello di adolescente in crisi. Il plot non l'aiuta. Anche perché è scritto talmente male che, se andiamo ad esaminarlo da vicino, l'unico motivo per cui la città di New York rischia di finire distrutta dal ghiaccio eterno riguarda il fatto che sia gay. Non sto scherzando. Il punto è che il demone cattivo è rinchiuso in una sfera poké. Per uscire ha bisogno che una formula magica in una lingua dimenticata venga pronunciata da un vivente. Ma può possedere solo i morti. Quindi uno stronzo randomico deve usare una macchina che è stata inventata l'altro ieri per separare la propria anima dal corpo in modo che possedendo l'anima il cattivo possa usare il corpo per pronunciare la formula. Sì ma, a parte l'incredibile coincidenza che la sfera poké, dopo boh 6000 anni in cui la gente l'ha custodita al sicuro, venga messa in circolazione proprio nell'esatto momento in cui altra gente ha inventato la macchina separa-anime, perché cazzo qualcuno dovrebbe separare la propria anima dal corpo proprio mentre c'è in giro un demone malvagio che controlla i morti e vuole distruggere l'umanità? A questa difficile domanda, gli sceneggiatori non hanno trovato altra risposta che: "Phoebe diventa amica di una trapassata e improvvisamente decide di volerla toccare". Così, dal nulla. Potevano quanto meno scrivere un dialogo strappalacrime in cui la tizia si lamentasse della sua condizione tragica in cui da decenni non ha nessun contatto umano e quindi yadayada. Invece no. La cosa viene in mente a Phoebe, a caso, con l'unica possibile giustificazione che è in periodo di sperimentazione giovanile e si sente tanto sola. E quindi come non ti viene in mente di strapparti l'anima dal corpo in un esperimento potenzialmente letale? Tutto abbastanza ridicolo. Così come è ridicola la famiglia che le si stringe attorno e non perde tempo a ripeterle quanto sia tutto sommato normale che un'adolescente faccia errori. Che è vero, però scatenare un'era glaciale non è esattamente come tatuarsi sul deltoide il nome del tuo ragazzo.
L'altra cosa che non funziona sono i tempi di narrazione. Il duello finale è talmente lungo e il BBEG ci mette così tanto a tentare di ammazzare qualcuno che non mi sarei stupito se a un certo punto fosse comparso Goku per raccogliere l'energia sferica.
Giudizio finale: 6,5 Se avete dei figli potete portarli al cinema.
Quello della pirateria è un argomento carsico che riemerge ogni volta che una grande compagnia di streaming effettua un cambiamento importante a uno dei suoi programmi di abbonamento. In questi giorni è successo con Amazon, che ha introdotto la simpatica opzione "se non vuoi la pubblicità dacci 1 euro e 99 al mese". La delicatezza con cui ha introdotto questa cosa - che, nel senso, in genere quando fai un cambio di servizio lo dovresti fare al rinnovo, in modo che quando l'utente spende dei soldi sa di preciso cosa sta comprando e non all'improvviso per tutti a caso ma vabbè -, che poteva tranquillamente essere sottotitolata dal Marchese del Grillo (si fa così, perché io so io e voi non siete un cazzo), ha stranamente fatto incazzare della gente. Più per i modi che per l'effettivo impatto sulla visione. Anche se leggo di gente che si è ritrovata tre pubblicità all'interno di un episodio di 40 minuti di fallout e si è abbastanza rotta i coglioni.
Da qui il classico dibattito che vede contrapposti i due fronti, entrambi abbastanza stupidi a dire il vero, "ma io non pago, viva OnePiece" e "pezzenti di merda siete dei ladri viva il capitalismo".
Ho un paio di cose da dire a entrambi ma siccome non ho più l'età e il tempo per litigare con tutta l'internet, penso che le scriverò qui dove non le legge nessuno. E siamo a postissimo.
I "wannabe re dei pirati": in realtà qui ce la sbrighiamo abbastanza facilmente. Nel senso che, raga, vi assicuro che non siete Che Guevara. Nessuno di voi sta combattendo nella giungla boliviana. Non siete Billy the Kid e non vi aggirate nel Far West conducendo un'epica lotta contro la cavalleria nordista. Non vi si incula nessuno. Ed è abbastanza il punto del discorso. Se decidete di non pagare qualcosa e di cercarvela sul web, nessuno vi verrà a rompere il cazzo. Potete scaricarvi interi archivi di roba. È illegale ma nessuno vi può fermare. A dirla tutta nessuno è neanche troppo interessato a fermarvi. Quindi, nel senso, fatelo. Di cosa vi state vantando di preciso quando scrivete ovunque che piraterete tutto? Chi state minacciando? Siete abbastanza imbarazzanti, lasciatevelo dire. E lo siete ancora di più perché la metà di voi ha pure difficoltà a trovare la roba su google. Che poi è uno dei motivi per cui vi sentite tanto minacciati dai rialzi dei prezzi di netflix. Seriamente, se volete scaricarvi le robe, fatelo e state zitti. Ci fate più bella figura.
I "ma il capitalismo è bello pagate pezzenti"
Qui invece il tema si fa più complesso perché veramente ci sono grossi problemi di comprensione del problema. La facciamo subito più semplice. Diamo già per assodato che la pirateria sia di per sé un furto. Lasciamo da parte tutto il discorso relativo al quanto sia effettivamente rubabile un oggetto infinitamente replicabile con mezzi propri, indistinguibile dall'originale, permanentemente accessibile. Saltiamo a pié pari l'intero dibattito e diamo per certe le conclusioni: vedersi una serie in streaming è un furto, è illegale ed è anche eticamente sbagliato.
Ora, quello che apparentemente i sostenitori di Amazon prime non sembrano capire, è che nessun sistema morale può esistere nel vuoto. Nel senso che per essere applicabile, ogni legge morale ha bisogno di essere sostenuta da un sistema di rinforzi emotivi positivi o negativi, basati in primo luogo sull'empatia. Esempio classico: vedi Tizio menare Caio. Vedi che Caio soffre delle botte e i tuoi neuroni specchio ti trasmettono una sensazione negativa. Ne deduci che menare gli altri è sbagliato (anche perché non vorresti mai che qualcuno meni te) e quindi semmai intervieni in sua difesa. Fra gli animali, quella umana è fra l'altro una specie con una buona capacità di astrazione e concettualizzazione. Quindi, poniamo che sia in macchina, stia cercando parcheggio e veda un posto vuoto destinato ai disabili. Ovviamente non ci sarà sempre un tizio in carrozzina in quel punto per ricordare ai miei neuroni specchio quanto sia brutto non poter camminare. Il mio cervello sarà in grado di mettere sui piatti della bilancia il mio interesse personale (parcheggiare più comodamente) e il disagio arrecato a una persona che abbia bisogno di quel posto e creerà un differenziale emotivo che mi spingerà a rinunciare alla mia utilità diretta in favore di una più generale utilità collettiva. In altre parole, il nostro essere animali sociali ci spinge a integrarci positivamente nell'ambiente che ci circonda e quindi ci fa sentire male quando infliggiamo sofferenza a un componente del gruppo che riconosciamo come nostro anche quando è soltanto ipotetico e potenziale. Poi ci sono i rinforzi negativi. Prendiamo ad esempio il caso in cui, la persona che cerca parcheggio di cui sopra, debba scaricare 8 casse di acqua minerale e l'unico posto libero sia a un km di distanza. Il grado di disagio che è disposto a subire per non arrecare danno a un'altra persona ipotetica potrebbe non essere abbastanza elevato da fargli rinunciare al parcheggio. Ecco quindi che interviene la sanzione. Ovvero il rischio di essere multato che incrementa la carica emotiva negativa contraria all'occupazione del posto indebito. Non sempre funziona ma certamente ci si prova.
Adesso trasliamo l'intero discorso sul problema pirateria. Iniziamo a dire che a livello di rinforzi positivi non siamo messi benissimo. Occorre un enorme livello di astrazione per arrivare a provare empatia per Amazon. Poi certo, astrattamente, se ci identifichiamo col singolo dipendente, possiamo arrivare a capire il danno che infliggiamo guardando una se.. nah, in realtà no. Raga, seriamente, se pensate a Amazon la prima cosa che vi viene in mente è in genere Bezos che fa Zio Paperone tuffandosi su mucchi di contante. Un certo grado di empatia si può sviluppare al massimo per il servizio consegne, anche perché vi arrivano a casa dei poveri stronzi a portarvi roba inutile mentre fuori ci sono le tormente di neve, ma difficilmente vi sembrerà di infliggere effettivamente un danno a qualcuno guardandovi s10ep8 di Grey's Anatomy. Anche perché non è esattamente facile comprendere quello che a un'osservazione immediata sembra un crimine senza vittime. In genere chi non ha Amazon prime, sicuramente non spenderebbe 50 euro per guardarsi l'episodio 8 stagione 10 di cui sopra. Quindi le possibilità sono che lui non si guardi l'episodio e Amazon non incassi o che lui si guardi l'episodio e Amazon non incassi ugualmente. Di fronte al dato oggettivo che Amazon sarà comunque infelice, perché essere infelici in due? Certo, siamo d'accordo che a livello etico il ragionamento non torna. Vi sto semplicemente facendo notare che non esiste nessun rinforzo positivo al comportarsi bene. Siete di fronte a un'entità astratta che subisce un danno astratto da una vostra astratta mancata azione (la possibilità che li paghiate) che comunque non avverrebbe lo stesso. Non vi sentite meglio a non piratare quell'episodio, vi sentite coglioni. Invece parlando di rinforzi negativi... neppure in Cina riescono a tenere sotto controllo la pirateria. E lì ti fanno sparire nelle segrete medievali, altro che polizia postale. Le sanzioni semplicemente non esistono. Ergo non c'è nessun rinforzo negativo.
Questo se parliamo di etica e morale. Adesso parliamo di leggi di mercato. Il punto fondamentale del mercato è che il valore di una merce dipende dalla sua abbondanza o scarsità. Quindi chiedetevi, cosa vi sta effettivamente vendendo (prendiamo un altro per non parlare sempre di Amazon) Netflix al costo di 14 euro al mese? Vi sta vendendo un film che potete trovare ovunque a costo zero senza praticamente alcuna ripercussione emotiva di tipo positivo o negativo? Suona un po' strano, no? Di fatto, se parliamo di valore della merce in base alla sua abbondanza, qualunque prodotto piratabile dovrebbe valere circa nulla, visto che è infinitamente replicabile e raggiungibile da chiunque a costo zero.
La verità è che la merce che vi stanno vendendo è la comodità. Il motivo principale per cui i servizi di streaming sono esplosi è che rendevano facile e comodo l'accesso ai prodotti di intrattenimento. Quello che si paga non è la visione del prodotto in quanto tale ma la sua reperibilità, accessibilità e facilità di fruizione. La realtà, è che pagate Netflix più per il fatto di non dovervi alzare dal divano ogni volta che finisce un episodio, che per il prodotto di cui state fruendo. La pagate per il fatto che vi proponga cose su un bel display comprensibile e vi tolga la fatica della scelta. La pagate per non dover chiudere 6 volte una tab pubblicitaria ad ogni inizio di episodio.
Si paga la comodità, non il prodotto. Il prodotto potete averlo ovunque gratis. Il vero rinforzo positivo a scegliere Netflix al posto di sitoytrovatosugoogle è la piacevolezza di usufruire di un servizio comodo e veloce.
Ecco il punto che i difensori di Amazon non capiscono. Inserire le pubblicità, prima o durante l'episodio della nuova serie, è semplicemente stupido. Non per un problema di soldi ma di comodità. Ogni volta che la comodità con cui si fruisce di quei prodotti diminuisce, la tentazione di ottenere lo stesso prodotto in altro modo aumenta. La realtà è che avrebbero ottenuto un risultato migliore a livello comunicativo aumentando il costo di prime da 50 a 70 euro l'anno, senza rompere il cazzo a nessuno con la pubblicità.
E raga, quando vi vedo scrivere alla gente ma è come rubare un paio di scarpe!!! mi sembrate tanto
Era già imbarazzante da vedere nel 2000. Figuratevi nel 2024. Non so se mi sono spiegato.