Passano i mesi, passano i libri letti in quel di paese dove vivo. Più che andiamo avanti e più che mi chiedo se mi ricorderò mai di tutta la roba che leggo per andare una volta al mese a discutere. Probabilmente no. Per questo forse è meglio se me la segno un po' per volta. Gli ultimi tre libri poi seguono tutti un'unico filone e quindi è particolarmente sensato parlarne in un'unico post. Quindi questi sono gli ultimi tre mesi: enjoy!
Virginia Wolf - La signora Dalloway
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o "Sul perché gli scrittori hanno bisogno degli editor" (ndr.) |
Quando abbiamo scelto La signora Dalloway per il mese di dicembre ero felicissimo. Intanto sono sempre contento di leggere i classici in generale. Visto che la narrativa non è decisamente il mio genere d'elezione, ho quasi sempre l'impressione che leggendo roba contemporanea stia un po' perdendo il mio tempo. Già quello che leggo è per me poco interessante, figurati leggere roba che non si sa nemmeno se fra cinquant'anni sarà ancora ricordata o verrà spazzata via dalla storia. Con i classici mi sento di andare sul sicuro. Magari mi fanno cagare ma quanto meno mi sarò recuperato un grande pezzo della letteratura mondiale. In secondo luogo, alla veneranda età di 38 anni, non avevo mai letto niente della Woolf.
Ma come? Niente niente??
Niente niente. Quindi ho colmato un grosso gap.
Ero quindi molto felice. Una felicità che ho rimandato per tutte le festività, sicuro che in un paio di giorni quel libretto da poco più di 200 pagine me lo sarei mangiato a colazione. Ed è esattamente quello il momento in cui la hybrys ti vede e colpisce durissimo.
Quindi, cosa si può dire de La signora Dalloway?
Ci sono molti modi in cui si può descrivere il modo di scrivere della Woolf. A me è piaciuta particolarmente la definizione che ha dato una signora al club del libro, chiamandolo "suntuoso". Concordo in pieno. Anche attraverso la traduzione (ottimo lavoro signora Daria Fusini) si percepisce l'assoluta padronanza della lingua. Tutto viene descritto in modo ricco, estremamente raffinato, con uno stile che in alcuni momenti tende all'aulico. Da una parte non si può che ammirare, dall'altra a volte tende a diventare un problema. Nel senso che è una ricchezza che non ha particolari vette. Lo stile è altissimo in ogni punto e lo rimane per l'intera durata della narrazione. Il passo da suntuoso a bulimico è molto spesso breve e qui si danza molto sul confine fra l'uno e l'altro.
La struttura del romanzo è, sulla carta, geniale. Farebbe impazzire ogni critico letterario e pure io sono costretto ad arrendermi e riconoscerlo. Riprendendo l'unità di tempo, luogo e azione del teatro greco, viene messa in scena una giornata dell'alta borghesia inglese del 1923, con un narratore esterno onnisciente che, in un'unica carrellata, senza interruzioni, descrive i punti di vista di ogni personaggio della storia passando da uno all'altro con brevi passaggi di raccordo. A una prima vista molti potrebbero scambiarlo con un flusso di coscienza ma è solo un'impressione.
I personaggi sono tutti interessanti e i temi trattati enormi. Abbiamo il soldato tornato dalla guerra che soffre di stress post traumatico e che alla fine sceglie il suicidio, i dottori incompetenti di depressione e traumi psicologici che lo trattano malamente (e la Woolf ne sapeva qualcosa no?), la signora boghese (la protagonista) che ha rinunciato al grande amore in favore di una sistemazione più prosaica in seno alla società, l'amica irriverente e povera che ha sposato un marito al di sotto della sua condizione sociale, il marito ben inserito che ama la moglie nonostante non riesca a dirglielo, l'amante rifiutato fuggito all'esterno con un matrimonio fallito alle spalle e così via. Tutti temi estremamente interessanti affrescati con grande padronanza.
Il tutto viene affogato, sommerso, devastato e reso illeggibile dalla stessa struttura e dallo stesso linguaggio che ho lodato poco sapra. Ogni volta che si inizia ad appassionarsi alla storia, si viene deviati dalla descrizione tremendamente prolissa di qualcosa quando non proprio su un altro personaggio da cui si devierà di nuovo nell'istante stesso in cui rischia di diventare interessante. Raga, il libro è di una noia mortale. Ma tipo che mi sono martellato le palle per riuscire ad arrivare alla fine. È l'esempio definitivo dell'arte che non ha nessun interesse nell'essere recepita dal pubblico. O meglio, dal grande pubblico.
A volte un grande autore ha bisogno di un editor del cazzo che lo prenda da una parte e gli dica: Virgì, tutto questo è bellissimo. Questa struttura è geniale e Dio mio se scrivi bene. Ma per favore, dai retta a uno stronzo, taglia un trenta percento dalla boria che ci hai messo dentro e per favore arriva a un punto ogni tanto.
Ma quell'editor non c'era. Il libro è un capolavoro, ne convengo. MA CHE PALLE.
Simone de Beauvoir - Le belle immagini
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che a volte basta dividere in capitoli eh (ndr.) |
Dalla borghesia inglese degli anni venti passiamo a quella francese degli anni sessanta. Laurence è una donna sposata, con figlia, che lavora come agente pubblicitario. Si occupa di fornire "belle immagini" appunto, per i prodotti messi in vendita dalle aziende. Ha una figlia, un amante e un marito Jean-Charles di cui forse è ancora innamorata, forse no, ma che di certo trova "adeguato" alla vita che conduce. Personaggi secondari la madre Dominique, donna mondana separata che entra in crisi quando viene lasciata dal ricco Gilbert, e il padre, di cui adesso non ricordo il nome e forse un nome manco gli viene dato, che è il punto di riferimento assoluto di Laurence e descritto come perfetta incarnazione dello stoicismo e della superiorità culturale.
In 145 pagine appena Laurence attraversa una serie di esperienze minori che la portano a ripensare alla sua vita e a tutte le persone che la circondano sgretolando il mondo apparentemente felice che si era creata e che era tale solo in superficie. Ogni personaggio svela la sua vacuità, le sue debolezze, le sue finzioni interiori e le menzogne che racconta a se stesso restituendo un panorama in cui nulla è vero ma tutti vivono finzioni che si sono creati solo per dare un senso alla propria esistenza.
La critica, che potete leggere ovunque, e praticamente chiunque possiate incontrare in giro che abbia letto il libro, vi dirà che è una tagliente critica della borghesia e della vita di certi ceti sociali. Facendone un testo politico e segnando grossissimi punti a suo favore sul palcoscenico della discussione pubblica. E non ci avrà capito quasi un cazzo.
Non che il tema non sia presente ma Simone de Beauvoir è probabilmente la più grande scrittrice dell'esistenzialismo francese. Migliore di Sartre, se vogliamo dirla tutta. Quando scrive parla della società ma parla soprattutto dell'uomo. Il libro destruttura le vite dei personaggi e sottilmente vi invita a chiedervi: la vostra vita è diversa? Voi siete diversi? Quanta menzogna c'è in quello che vi raccontate per dare un senso al vostro alzarvi ogni mattina? Quante bugie dite a voi stessi, prima ancora che agli altri?
È la mia scrittrice preferita di sempre. Tutti gli uomini sono mortali è il suo capolavoro supremo ma anche questo è stupendo. A saperlo leggere.
Domenico Starnone - Confidenza
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carino e trascurabile (ndr.) |
Pietro è tipo Onizuka di GTO. Professore di scuola superiore entrato giovanissimo di ruolo (si vede che è ambientato negli anni '70 eh), amatissimo dai suoi allievi di cui cambia la vita in meglio e che a differenza di Onizuka riesce effettivamente a portarsi a letto una studentessa. Teresa, con cui vive questo amore travagliato che però va a finire male. Prima di lasciarsi si raccontano a vicenda il loro segreto più oscuro, quello che se rivelato potrebbe distruggergli la vita e poi se ne vanno ognuno per la loro strada. Pietro diventerà un intellettuale di media grandezza in Italia, scrivendo un paio di libri sull'insegnamento. Teresa una apprezzatissima ricercatrice internazionale fra USA e Europa.
La storia è vista quasi esclusivamente con gli occhi di Pietro che si crea questa realtà parallela in cui il suo amore per Teresa e la paura che Teresa riveli il suo segreto lo spingono a essere un uomo migliore, influendo positivamente sulla vita di tutti quelli che ha attorno. Sul finale però ci sono due piccole parti che lo vedono dall'esterno, tramite gli occhi della figlia, giornalista, che lo adora, e di Teresa stessa.
Si parla dell'Italia, di come basti poco, visto l'ambiente provinciale fatto di amici di amici, per diventare qualcuno. Della pochezza di certi personaggi. Di rapporti tossici fra gente che dovrebbe volersi bene e invece, siccome certi hanno ottenuto molto e altri poco, allora no.
Il tutto sostenuto da questa tensione sotterranea del "grande segreto" rivelato da Pietro a Teresa che tutti ci chiediamo quale sia.
Poi arriva l'ultimo capitolo raccontato da Teresa che ci dice ah boh, ma io manco mi ricordo che mi aveva raccontato quello scemo ma secondo me non era neanche sta gran cosa. Quello è sempre stato un po' strano.
EHI MA CI HAI DETTO COME FINISCE!
Esatto. Il libro è un immenso scam. Se vi piace anche senza avere tutta la tensione del "grande segreto" allora non vi ho tolto niente. Se vi avesse fatto cagare e foste stati sostenuti solo da quell'aspettativa, vi avrei fatto un favore. Prego.
Starnone è l'allievo a cui la prof da otto e mezzo scrivendo sul tema "molto scorrevole". C'è chi dice sia anche la Ferrante sotto falso nome. Non mi stupirebbe. Detto questo sì: è molto scorrevole. Il libro si legge di un fiato e alla fine ti chiedi: "ok, ma che ho letto di preciso?"
E questo è tutto amici.
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